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COME GIÀ DETTO DAL BELL’INIZIO: ALL’ANTITRUST NON PIACE IL CARTELLO

All’Antitrust non piacciono mai i “cartelli, certamente non quelli che riguardano convergenze per allineare prezzi ed offerte sul mercato, ma neppure quelli “visivi”, diciamo così.

Sulle criticità che abbiamo sollevato dal bell’inizio quando è emersa l’invenzione del cartello in tema di congruità con le regole della concorrenza, si esprime oggi il Presidente dell’Authority, alla odierna audizione presso la X Commissione della Camera sul D.L. 14 gennaio 2023, n. 5, anche noto come “Decreto Trasparenza”.

La memoria rilasciata dall’Antitrust (in allegato il testo completo in formato PDF) non abbisogna di ulteriori commenti:

<<Tuttavia, l’Autorità ritiene utile rappresentare a codesta Commissione che l’introduzione, in capo agli esercenti, dell’obbligo dell’indicazione, accanto al prezzo di vendita praticato, del prezzo medio regionale calcolato dal Ministero, appare suscettibile di presentare anche talune possibili controindicazioni.

Sul punto, va rilevato infatti che la media aritmetica del prezzo regionale risulta molto poco rappresentativa dell’effettivo contesto competitivo in cui un impianto di distribuzione di carburanti opera.

In particolare, come indicato dalla prassi dell’Autorità (e in generale delle autorità antitrust anche in ambito internazionale), un impianto di distribuzione di carburanti risulta effettivamente in concorrenza soltanto con gli impianti situati a pochi chilometri di distanza (o, alternativamente, raggiungibili in un tempo di percorrenza limitato), in quanto soltanto gli impianti più vicini possono costituire una concreta alternativa per il consumatore che necessita di rifornire la propria vettura.

La dimensione regionale risulta, in altri termini, di gran lunga eccedente l’insieme dei distributori di carburanti che effettivamente potrebbero risultare, per i consumatori, alternativi a un dato impianto.

Potrebbe pertanto facilmente verificarsi che, per motivi collegati ai costi e alla logistica, alla densità di distributori, nonché al livello della domanda, il prezzo in una determinata sotto-zona sia diverso da quello medio regionale, che quindi costituirebbe, in questo senso, un indicatore non rappresentativo della situazione locale e, come tale, poco utile al consumatore.

A ciò si aggiunga che la doppia cartellonistica prevista, al di là dei possibili oneri aggiuntivi per gli esercenti, potrebbe perfino indurre in confusione alcuni consumatori.

Per altro verso, la diffusione presso gli esercenti di un prezzo medio regionale – a prescindere dalla rappresentatività di tale dato – rischia di ridurre la variabilità di prezzo in quanto potrebbe essere utilizzata dalle imprese per convergere automaticamente su un “prezzo focale” – verosimilmente assestatosi a un livello sufficientemente capiente – che ci si attende possa venire automaticamente seguìto da tutti i distributori concorrenti, in quanto potrebbe fornire un parametro chiaro da seguire per evitare una “guerra di sconti” che andrebbe a beneficio ai consumatori.

Alla luce di ciò, dunque, l’Autorità accoglie con favore un ulteriore potenziamento delle misure di visibilità dei prezzi praticati dai singoli distributori, con le rilevazioni ministeriali e la diffusione tramite strumenti tradizionali o telematici; ritiene, tuttavia, che non vi sia necessità di introdurre un meccanismo di calcolo e di diffusione di valori di riferimento medi, atteso che appaiono incerti i benefici per i consumatori a fronte invece di un possibile rischio di riduzione degli stimoli competitivi.>>

Ecco, noi stessi non avremmo potuto dire di meglio!

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