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DECRETO LEGISLATIVO 11 febbraio 1998 n. 32

DECRETO LEGISLATIVO 11 febbraio 1998 n. 32
 Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59
 
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
 
 
            Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
 
            Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
 
            Visto, in particolare, l’articolo 4, comma 4, lettera c), della citata legge n. 59 del 1997, il quale prevede che sia anche riordinata la disciplina delle attività economiche ed industriali, in particolare per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo delle imprese operanti nell’industria, nel commercio, nell’artigianato, nel comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione, al fine di promuovere la competitività delle imprese nel mercato globale e la razionalizzazione della rete commerciale, anche in relazione all’obiettivo del contenimento dei prezzi e dell’efficienza della distribuzione;
 
            Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° ottobre 1997;
 
            Visto il parere della commissione parlamentare istituita ai sensi dell’articolo 5 della citata legge n. 59 del 1997;
 
            Visto il parere della commissione parlamentare per le questioni regionali;
 
            Visto il parere della conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
 
            Considerato l’accordo interprofessionale fra le associazioni dei gestori e le associazioni dei gestori e le associazioni dei concessionari degli impianti di distribuzione dei carburanti, sottoscritto il 29 luglio 1997;
 
            Viste le deliberazioni de Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 9 gennaio e del 10 febbraio 1998;
 
            Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dell’interno, delle finanze e per la funzione pubblica e gli affari regionali;
 E M A N A
 
Il seguente decreto legislativo:
 
Art. 1.
 Norme per liberalizzare la distribuzione dei carburanti
 
1.      L’installazione e l’esercizio di impianti di distribuzione dei carburanti, di seguito denominati “impianti”, sono attività liberamente esercitate sulla base dell’autorizzazione di cui al comma 2 e con le modalità di cui al presente decreto. Il regime di concessione di cui all’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, cessa dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono a quanto disposto dal presente decreto secondo le previsioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
 
 
2.      L’attività di cui al comma 1 è soggetta all’autorizzazione del sindaco del comune in cui essa è esercitata. L’autorizzazione è subordinata esclusivamente alla verifica della conformità alle disposizioni del piano regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici nonché alle norme di indirizzo programmatico delle regioni. Insieme all’autorizzazione il comune rilascia le concessioni edilizie necessarie ai sensi dell’articolo 2.
 
3.      Il richiedente trasmette al comune, unitamente alla domanda di autorizzazione, un’analitica autocertificazione corredata della documentazione prescritta dalla legge e di una perizia giurata, redatta da un ingegnere o altro tecnico competente per la sottoscrizione del progetto presentato, iscritto al relativo albo professionale, attestanti il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2 e dei criteri di cui all’articolo 2, comma 1. Trascorsi novanta giorni dal ricevimento degli atti, la domanda si considera accolta se non è comunicato al richiedente il diniego. Il sindaco, sussistendo ragioni di pubblico interesse, può annullare l’assenso illegittimamente formatosi, salvo che l’interessato provveda a sanare i vizi entro il termine fissato dal comune stesso.
 
4.      In caso di trasferimento della titolarità di un impianto, le parti ne danno comunicazione al comune, alla regione e all’ufficio tecnico erariale entro quindici giorni.
 
5.      Le concessioni di cui all’articolo 16, comma1, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, sono convertite di diritto in autorizzazione ai sensi del comma 2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, i soggetti già titolari di concessione, senza necessità di alcun atto amministrativo, possono proseguire l’attività, dandone comunicazione al comune, alla regione e al competente ufficio tecnico di finanza. Le verifiche sull’idoneità tecnica degli impianti ai fini della sicurezza sanitaria e ambientale sono effettuate al momento del collaudo e non oltre quindici anni dalla precedente verifica. Gli impianti in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono sottoposti dal comune a verifica, comprendente anche i profili di incompatibilità di cui all’articolo 3, comma2, entro e non oltre il 30 giugno 1998. Le risultanze concernenti tali verifiche sono comunicate all’interessato e trasmesse alla regione, al competente ufficio tecnico di finanza, al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato ed al Ministero dell’ambiente, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 3, comma2. Restano esclusi dalle verifiche di cui al presente comma gli impianti inseriti dal titolare nei programmi di chiusura e smantellamento di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 3, fermi restando i poteri di intervento in caso di rischio sanitario o ambientale. Il controllo, la verifica e la certificazione concernenti la sicurezza sanitaria necessaria per le autorizzazioni previste dal presente articolo sono effettuati dall’azienda sanitaria locale competente per territorio, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni.
 
6.      La gestione degli impianti può essere affidata dal titolare dell’autorizzazione ad altri soggetti, di seguito denominati gestori, mediante contratti di durata non inferiore a sei anni aventi per oggetto la cessione gratuita dell’uso di tutte le attrezzature fisse e mobili finalizzate alla distribuzione di carburanti per uso di autotrazione secondo le modalità e i termini definiti dagli accordi interprofessionali stipulati fra le associazioni di categoria più rappresentative, a livello nazionale, dei gestori e dei titolari dell’autorizzazione. Gli altri aspetti contrattuali e commerciali sono regolati in conformità con i predetti accordi interprofessionali. I medesimi accordi interprofessionali si applicano ai titolari di autorizzazione a ai gestori; essi sono depositati presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato che ne assicura la pubblicità. Gli accordi interprofessionali di cui al presente comma prevedono un tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie contrattuali individuali secondo le modalità e i termini ivi definiti. Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, su richiesta di una delle parti, esperisce un tentativo di mediazione delle vertenze collettive.
 
7.      I contratti di affidamento in uso gratuito di cui all’articolo 16 del decreto –legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, tra concessionari e gestori esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano in vigore fino alla loro scadenza, anche in caso di trasferimento della titolarità del relativo impianto. A tali contratti si applicano le forme contenute nel comma 6 per quanto riguarda la conciliazione delle controversie.
 
8.       Gli aspetti relativi agli acquisti in esclusiva sono disciplinari in conformità alle disposizioni adottate dall’Unione europea.
 
9.      Nell’area dell’impianto possono essere commercializzati, previa comunicazione al comune, alle condizioni previste dai contatti di cui al comma 6 e nel rispetto delle vigenti norme in materia sanitaria e ambientale, altri prodotti secondo quanto previsto con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Gli interventi di ordinaria e minuta manutenzione e riparazione dei veicoli a motore di cui agli articoli 1, comma2, secondo periodo, e 6 della legge 5 febbraio 1992, n. 122, possono essere effettuati dai gestori degli impianti.
 
10. Ogni pattuizione contraria al presente articolo è nulla di diritto. Le clausole previste dal presente articolo sono di diritto inserite nel contratto di gestione, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.
 
Art. 2.
 Competenze comunali e regionali
 1.      Per consentire la razionalizzazione della rete di distribuzione e la semplificazione del procedimento di autorizzazione di nuovi impianti su aree private i comuni, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individuano criteri, requisiti e caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati detti impianti, anche in difformità dai vigenti strumenti urbanistici; in quest’ultimo caso la deliberazione comunale costituisce adozione di variante. Contestualmente i comuni dettano le norme applicabili a dette aree, ivi comprese quelle sulle dimensioni delle superfici edificabili, in presenza delle quali il comune è tenuto a rilasciare la concessione edilizia per la realizzazione dell’impianto. I comuni dettano, altresì, ogni altra disposizione che consenta al richiedente di conoscere preventivamente l’oggetto e le condizioni indispensabili per la corretta presentazione dell’autocertificazione di cui all’articolo 1, comma 3, del presente decreto anche ai fini del potenziamento o della ristrutturazione degli impianti esistenti.
 
2.      Ai fini di cui al comma 1 i comuni possono avvalersi degli accordi di programma tra comuni e regioni, tra consorzi di comuni o di comunità montane, ai sensi dell’articolo 27, commi 4 e 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142, in quanto applicabile, adottati nel rispetto delle norme poste a tutela dei beni culturali, paesistici e ambientali, della salute, della sicurezza e della viabilità.
 
3.      Il comune, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individua le destinazioni d’uso compatibili con l’installazione degli impianti all’interno delle zone comprese nelle fasce di rispetto di cui agli articoli 16, 17 e 18 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il Nuovo codice della strada, e successive modificazioni.
 
4.      Il comune, quando intende riservare aree pubbliche alla installazione degli impianti, stabilisce i criteri per la loro assegnazione, cui si provvede previa pubblicazione di bandi di gara, secondo modalità che garantiscano la partecipazione di tutti gli interessati a condizioni eque e non discriminatorie. I bandi sono pubblicati almeno sessanta giorni prima del termine di scadenza per la presentazione delle domande.
 
 
Art. 3.
 
 Norme transitorie
 
1.      Fino al 31 dicembre 1999, in deroga a quanto disposto dall’articolo 1 e al fine di agevolare la razionalizzazione della rete distributiva, la promozione dell’efficienza e il contenimento dei prezzi per i consumatori, l’autorizzazione per nuovi impianti o per il trasferimento di quelli in esercizio è subordinata alla chiusura di almeno tre impianti preesistenti, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo della cui concessione il richiedente sia titolare da data anteriore al 31 dicembre 1996, ovvero di almeno due impianti nelle medesime condizioni, purché l’erogato complessivo nell’anno solare precedente quello della richiesta sia stato non inferiore a 1.800 kilolitri. Se alla predetta data del 31 dicembre 1996 il richiedente era titolare di concessioni in numero inferiore a tre, l’autorizzazione è subordinata alla chiusura dei relativi impianti e di quelli la cui concessione si astata acquisita nel periodo compreso fra il 31 dicembre 1996 e la data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. La chiusura degli impianti di cui al presente comma consente il rilascio della nuova autorizzazione fino al 31 dicembre 1996 e la data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. La chiusura degli impianti di cui al presente comma consente il rilascio della nuova autorizzazione fino al 31 dicembre 1999. Le disposizioni di cui all’articolo 2, comma1, del decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 1996 si applicano esclusivamente al potenziamento degli impianti.
 
2.      Il titolare di una o più autorizzazioni di impianti incompatibili con la normativa urbanistica o con le disposizioni a tutela dell’ambiente, del traffico urbano ed extraurbano, della sicurezza stradale e dei beni di interesse storico e architettonico e, comunque, in contrasto con le disposizioni emanate dalle regioni e dai comuni, ha la facoltà di presentare al comune competente, alla regione e al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, un proprio programma di chiusura e smantellamento degli impianti, ovvero di adeguamento alla vigente normativa, articolato per fasi temporali, da effettuare entro i successivi diciotto mesi nei comuni capoluogo di provincia e due anni negli altri comuni, trasmettendone copia al Ministero dell’ambiente. I titolari di impianti non a norma sono comunque tenuti a presentare il predetto programma entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 1, comma 5. I comuni verificano l’adeguatezza o mancato rispetto del medesimo, e comunque, accertata la non conformità alle vigenti norme, allo scadere dei termini previsti le autorizzazioni dei predetti impianti sono revocate. I comuni adottano i provvedimenti conseguenti, anche ai fini del ripristino delle aree.
 
3.      I soggetti di cui al comma 2 che presentano il programma previsto dal medesimo comma possono installare nuovi impianti, o potenziare quelli esistenti, alle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, previa effettuazione delle chiusure programmate.
 
4.      Al fine di assicurare il servizio pubblico, il sindaco può autorizzare la prosecuzione dell’attività di un solo impianto in deroga ai divieti di legge, se nel medesimo territorio comunale non è presente altro impianto e, comunque, fino a quando non venga installato un nuovo impianto conforme alla normativa vigente. L’autorizzazione di nuovi impianti nei porti marini e lacuali nonché di impianti per la distribuzione di gas di petrolio liquefatto (GPL) per autotrazione nonché, nelle aree servite dalla relativa rete, di gas metano per autotrazione, è rilasciata dal comune, in deroga all’obbligo di chiusura di impianti preesistenti, nel rispetto delle norme di indirizzo programmatico delle regioni purché siano previamente verificati i requisiti di sicurezza sanitaria e ambientale.
 
5.      Coloro che sono autorizzati a installare un nuovo impianto sono tenuti a impiegare con priorità il personale già addetto ai propri impianti, dismessi nel corso dei due anni precedenti, nello stesso ambito provinciale ovvero, ove occorra, regionale.
 
6.      E’ abrogato l’articolo 2 comma 3, ultimo periodo, della legge 10 marzo 1986, n. 61.
 
7.      Se al termine del periodo di cui al comma 2 si registra un numero di impianti sensibilmente divergente dalla media dei rapporti fra il numero di veicoli in circolazione e gli impianti stessi, rilevati in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentite le competenti commissioni parlamentari e l’autorità garante della concorrenza e del mercato, possono essere emanate ulteriori disposizioni attuative e integrative del disposto del comma 2 al fine di perseguire l’allineamento alla predetta media.
 
8.      Le regioni e i comuni di cui all’articolo 17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, dotati di appositi piani di ristrutturazione della rete degli impianti, approvati prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, possono applicare criteri, modalità e procedure ivi stabiliti in deroga a quanto stabilito dal presente articolo, fatti comunque salvi gli strumenti di cui all’articolo, fatti comunque salvi gli strumenti di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, nonché quanto disposto dal comma 1 del presente articolo.
 
9.      Le regioni, sentite le commissioni consultive, ove istituite, effettuano annualmente un monitoraggio per verificare, sulla base dei dati forniti dagli uffici tecnici del Ministero delle finanze competenti per territorio, l’evoluzione del processo di ristrutturazione della rete i cui risultati sono trasmessi al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato al fine di emanare le ulteriori disposizioni di cui al comma 7 del presente articolo e all’articolo 4.
 
10. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’autorizzazione per l’installazione e per l’esercizio di nuovi impianti a uso privato per la distribuzione di carburanti a uso esclusivo di imprese produttive e di servizi, è rilasciata dal comune alle medesime condizioni e nel rispetto della medesima disciplina applicabile per gli impianti di distribuzione. Gli impianti regolarmente in esercizio alla predetta data devono essere conformati a quanto previsto dal presente comma entro il 31 dicembre 1998.
 
11. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 16 maggio 1996, n. 392, sono tenuti agli obblighi di raccolta degli oli lubrificanti usati ai sensi della vigente normativa.
 
 
Art. 4.
 Decreti ministeriali
 
1.      Ferma restando la competenza regolamentare delle regioni a norma dell’articolo 2, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, con regolamento del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere stabilite ulteriori modalità attuative del presente decreto.
 
 
Art. 5.
 Norme per la razionalizzazione dello stoccaggio
 
1.      Le società titolari di concessioni e autorizzazioni relative a depositi di oli minerali, di cui all’articolo 16 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono tenute a garantire l’uso delle capacità di stoccaggio non utilizzate e delle infrastrutture di trasporto per il transito del prodotto a chiunque ne faccia richiesta, purché autorizzato ai sensi delle vigenti norme di legge, a condizioni eque e non discriminatorie. Le predette condizioni e i criteri di determinazione dei prezzi del servizio sono comunicati dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato che provvede alla loro pubblicità, pure per via informatica, anche al fine dell’eventuale segnalazione dell’autorità garante della concorrenza e del mercato per l’attuazione delle procedure di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.
 
2.      Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti i criteri per individuare le capacità disponibili, tenendo anche conto dell’utilizzo medio delle stesse capacità negli ultimi due anni nonché nelle capacità di stoccaggio e di movimentazione, verificate dal medesimo decreto, al netto dei quantitativi ammessi a fronte di permute tra società indicati separatamente.
 
3.      Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato esercita le funzioni di sorveglianza e di controllo per il rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo e all’articolo 9, anche attraverso verifiche e controlli sulle capacità di movimentazione dei depositi e sul grado di utilizzo degli stessi.
 
 
Art. 6.
 Fondo per la razionalizzazione della rete
 
1.      E’ costituito presso la cassa conguaglio GPL il fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburati nel quale confluiscono i fondi residui disponibili nel conto economico avente la medesima denominazione, istituito ai sensi del provvedimento CIP n. 18 del 12 settembre 1989 e successive integrazioni e modificazioni. Tale Fondo sarà integrato, per gli anni 1998, 1999 e 2000, attraverso un contributo calcolato su ogni litro di carburante per autotrazione (benzine, gasolio, GPL e metano) venduto negli impianti di distribuzione, pari a lire tre a carico dei titolari di concessione o autorizzazione e una lira carico dei gestori. Tali disponibilità sono utilizzate per la concessione di indennizzi, per la chiusura di impianti, ai gestori e ai titolari di autorizzazione o concessione, secondo le condizioni, le modalità e i termini stabiliti dal Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato con proprio decreto, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
 
 
Art. 7.
 Orario di servizio
 
1.             A decorrere dalla scadenza dei termini per i comuni capoluogo di provincia e per gli altri comuni di cui all’articolo 3, comma 2, e a fronte della chiusura di almeno settemila impianti nel periodo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, l’orario massimo di servizio può essere aumentato dal gestore fino al cinquanta per cento dell’orario minimo stabilito. Ciascun gestore può stabilire autonomamente la modulazione dell’orario di servizio e del periodi di riposo, nei limiti prescritti dal presente articolo, previa comunicazione al comune.
2.             Esclusi gli impianti funzionanti con sistemi automatici di pagamento anticipato rispetto alla erogazione del carburante, per gli impianti assistiti da personale restano ferme le vigenti disposizioni sull’orario minimo settimanale, le modalità necessarie a garantire il servizio nei giorni festivi e nel periodo notturno, stabilite dalle regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, nonché la disciplina vigente per gli impianti serventi le reti autostradali e quelle assimilate.
 
 
Art. 8.
 Agenzia delle scorte
 
1.             E’ costituita l’Agenzia nazionale delle scorte di riserva, disciplinate dalla legge 10 marzo 1986, n. 61, e successive modificazioni e interazioni, che gestisce le scorte obbligatorie, sulla base delle immissioni in consumo dei prodotti, delle giacenze operative degli impianti e della localizzazione dei prodotti nelle aree di consumo ai sensi della direttiva 68/414/CEE.
 
2.             All’Agenzia partecipano, obbligatoriamente, in qualità di soci tutti i soggetti titolari di impianti di raffinazione, i titolari di depositi fiscali e coloro i quali, avendo immesso al consumo prodotti petroliferi, sono tenuti all’obbligo del mantenimento delle scorte che, comunque, possono essere tenute presso gli impianti dei medesimi soggetti, senza oneri a carico dell’Agenzia la quale dispone le necessarie verifiche, Nei casi di controllo societario, diretto o indiretto, partecipa il soggetto controllante ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
 
3.             Sono organi dell’Agenzia: l’assemblea dei soci, il presidente, il consiglio di amministrazione e il collegio dei sindaci. Partecipano all’assemblea i soci, ciascuno con diritto di voto, tre rappresentati delle associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative sul territorio nazionale e tre rappresentanti dei gestori non partecipati da soci dell’Agenzia o da soggetti da essi controllati. Un rappresentante di ciascuna delle due categorie sopra indicate assiste alle riunioni del consiglio di amministrazione alle quali partecipa, di diritto, il competente direttore generale del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato o un suo sostituto.
 
4.             Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato approva lo statuto dell’Agenzia e può formulare osservazioni sulle norme interne di funzionamento, che devono essergli previamente comunicate dall’Agenzia stessa.
 
 
Art. 9.
 Compiti dell’Agenzia
 
1.             L’Agenzia provvede a:
a)     distribuire nel territorio nazionale le scorte in base alle disponibilità di stoccaggio e al consumo dei prodotti finiti;
b)     soddisfare la domanda di prodotti finiti in caso di crisi;
c)      garantire la disponibilità di stoccaggio per gli operatori;
d)     registrare le domande di prodotti finiti nelle diverse aree geografiche del Paese;
e)     verificare le capacità di stoccaggio dei depositi fiscali e la capacità di lavorazione sulla base dei decreti di concessione rilasciati dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 18 aprile 1994, n. 420;
f)        annotare le immissioni al consumo degli impianti di raffinazione e dei depositi fiscali;
g)     valutare il grado di utilizzo degli impianti di produzione e di stoccaggio, evidenziando separatamente i quantitativi movimentati tramite permute;
h)     determinare la capacità disponibile per gli operatori nei singoli impianti;
i)        registrare le tariffe di transito e di permuta, aggregate per aree geografiche, praticate dai titolari degli impianti di deposito o di produzione;
j)        trasmettere al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato i dati previsti dal comma 4 del presente articolo e ogni altro dato richiesto, al fine della pubblicazione di cui allo stesso comma e dell’eventuale attivazione delle procedure di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 278.
 
2.             L’Agenzia individua annualmente le spese per il proprio funzionamento, il contributo in quota fissa a carico dei soci, nonché il contributo variabile calcolato sulla quantità di prodotto immesso al consumo nell’anno precedente dai soci e dalle eventuali società controllate, con proposta al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato che li determina con proprio decreto.
3.             Il costo della scorta, già incluso nel prezzo al consumo, è separato contabilmente dal prezzo del prodotto.
4.             Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato ogni trimestre pubblica, attraverso il bollettino petrolifero, i dati concernenti l’attività dell’Agenzia e, in particolare, il livello delle capacità utilizzate nei singoli impianti, le capacità disponibili e le tariffe praticate, anche aggregate per regione.
Art. 10.
Disposizioni per l’impiego dei serbatoi di GPL
1.             I contratti, stipulati dalle aziende distributrici di gas di petrolio liquefatto (GPL), per la fornitura di prodotto in serbatoi per uso civile, industriale o agricolo prevedono modalità alternative di offerta del serbatoio, consentendo l’opzione tra l’acquisto e la disponibilità dello stesso ma non possono comunque vincolare gli utenti all’acquisto di quantità di prodotto contrattualmente predeterminate o all’acquisto di detto prodotto in regime di esclusiva. Tali contratti, di durata non superiore a un anno, devono prevedere la facoltà per l’utente di modificare l’opzione inizialmente prescelta alla scadenza dei medesimi, alle stesse condizioni indicate al momento della stipula, con un preavviso non superiore a tre mesi. In caso di locazione o comodato del serbatoio i relativi contratti, di durata non superiore a due anni, devono predeterminare il prezzo nel caso di esercizio dell’opzione di acquisto nonché le modalità di acquisto in regine di esclusiva.
2.             I contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo possono avere durata non superiore a tre anni e sono modificati secondo gli altri criteri indicati al comma 1 entro il 1° settembre 1998; in mancanza di tale adeguamento alla medesima data i contratti si intendono risolti con effetto immediato. A decorrere dalla predetta data coloro che hanno concesso in comodato il serbatoio hanno la facoltà o, se richiesto, l’obbligo di procedere alla rimozione immediata dello stesso. Le spese per la rimozione sono a carico del comodante ed è nulla qualunque previsione contrattuale che stabilisca diversamente.
3.             Al fine di adeguare i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ove il comodatario intenda acquistare la proprietà del serbatoio e il comodante sia disposto ad alienarlo, il prezzo di cessione è determinato in misura non superiore all’ammontare più alto fra il valore residuo rilevato dal libro dei cespiti del comodante, al netto della quota di ammortamento risultante dall’ultimo bilancio approvato, e il 20 per cento del valore iniziale. Se il comodatario intende prendere in locazione il serbatoio e il comodante è disposto a cederlo a tale titolo, il canone annuo è determinato nella misura del 10 per cento del valore di cessione, calcolato secondo la procedura di cui al periodo precedente.
4.             A decorrere dal 1° gennaio 1999, le aziende distributrici assicurano i servizi di installazione e manutenzione dei serbatoi riforniti, effettuando visite semestrali e rilasciando apposita certificazione, ai sensi della legge 5 marzo 1990, n. 46, e successive modificazioni e integrazioni. Le aziende che riforniscono serbatoi privi della predetta certificazione o con certificazione scaduta sono punite con la sanzione amministrativa da venti a cento milioni di lire: Gli utenti possono richiedere la medesima certificazione a uno dei soggetti previsti dalla citata legge n. 46 del 1990, anziché alle aziende distributrici, esonerandole espressamente.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
            Dato a Roma, addì 11 febbraio 1998
SCALFARO
PRODI, Presidente del Consiglio dei Ministri
            BERSANI,     Ministro     dell’ industria,    del
Commercio   e   dell’artigianato
COSTA,      Ministro    dei    lavori    pubblici
 NAPOLITANO,       Ministro       dell’ interno
VISCO,      Ministro         delle          finanze
BASSANINI,    Ministro   per   la    funzione
Pubblica e gli affari regionali
Visto, il Guardasigilli: FLIK
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N O T E
AVVERTENZA:
            Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
–                     L’art. 76 della Costituzione regola la delega al Governo dell’esercizio della funzione legislativa e stabilisce che essa non può avvenire se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
–                     L’art. 87 della Costituzione conferisce, tra l’altro, al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
–                     La legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa) è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997 – supplemento ordinario n. 56/L.
–                     Il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza stato-città ed autonomie locali) è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale – n. 202 del 30 agosto 1997.
Note all’art. 1:
–                     Il decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, recante: “Provvedimenti straordinari per la ripresa economica” è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1970, n. 272. Il testo dell’art. 16, comma 1, è il seguente:
“1. L’attività inerente alla installazione ed all’esercizio degli impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione, eccettuati quelli utilizzati esclusivamente per autoveicoli di proprietà di amministrazioni pubbliche, costituisce pubblico servizio ed è soggetta a concessione. Resta immutata la disciplina relativa ai depositi di distribuzione dei carburanti agevolati secondo le leggi vigenti”.
–                     Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 recante: “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1della legge 23 ottobre 1992, n.305, supplemento ordinario. Il testo dell’art. 7, come sostituito dall’art. 8 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 293, è il seguente:
“Art. 7 (Dipartimenti di prevenzione). – 1. Le regioni istituiscono presso ciascuna unità sanitaria locale un dipartimento di prevenzione cui sono attribuite le funzioni attualmente svolte dai servizi delle unità sanitarie locali ai sensi degli articoli 16, 20 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Il dipartimento è articolato almeno nei seguenti servizi:
a)      igiene e sanità pubblica;
b)      prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;
(Omissis)”.
–                     Si riporta il testo dei commi ottavo, nono e decimo dell’art. 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 1970, n. 1034:
“I titolari delle concessioni previste dal presente articolo possono affidare a terzi la gestione degli impianti di distribuzione di carburanti, con contratti aventi ad oggetto la cessione gratuita dell’uso degli apparecchi di distribuzione e delle attrezzature sia fisse che mobili e di durata non inferiore agli anni nove, che si risolveranno in caso di mancato rinnovo della concessione. In detti contratti dovranno prevedersi il diritto del gestore a sospendere per ferie l’esercizio dell’attività per un periodo non superiore a due settimane consecutive ogni anno, il divieto per il gestore di cedere il contratto d’uso o di affidare a terzi la sua esecuzione, i casi in cui il contratto si risolve di diritto ai sensi dell’art. 1456 del codice civile e le condizioni alle quali è consentita la continuazione del rapporto instaurato con il gestore o con i familiari del medesimo, in caso di suo decesso o interdizione.
                        Lo stesso contratto dovrà prevedere la continuità della gestione nel caso di cessione della concessione e la preferenza nella gestione del nuovo impianto nel caso di revoca per pubblico interesse della concessione relativa all’impianto in precedenza gestito. La licenza di esercizio, prevista dall’art. 3 del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito, con modificazioni, nella legge 2 luglio 1957, n. 474, e successive modificazioni, deve essere intestata al titolare della gestione dell’impianto, al quale incombe l’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico. Il titolare della concessione ed il titolare della gestione dell’impianto sono, agli effetti fiscali, solidalmente responsabili per gli obblighi derivanti dalla gestione dell’impianto stesso.
                        La concessione può essere trasferita a terzi solo unitamente alla proprietà del relativo impianto, previa autorizzazione dell’autorità che ha rilasciato la concessione stessa. Per la cessione delle concessioni da parte di chi sia proprietario di più impianti di distribuzione di carburanti, situati in province diverse, la autorizzazione è accordata dal Ministro per l’industria, il commercio e l’artigianato, sentito il Ministro per le finanze.”
–                     La legge 5 febbraio 1992, n. 122 recante “Disposizioni in materia di sicurezza della circolazione stradale e disciplina dell’attività di autoriparazione” è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 1992, n. 41. Si riporta il testo degli articoli 1 e 6.
“Art. 1 (Attività di autoriparazione).– Al fine di raggiungere un più elevato grado di sicurezza nella circolazione stradale e per qualificare i servizi resi dalle imprese di autoriparazione, la presente legge disciplina l’attività di manutenzione e di riparazione dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore, ivi compresi ciclomotori, macchine agricole, rimorchi e carrelli, adibiti al trasporto su strada di persone e di cose, di seguito denominata “attività di autoriparazione”.
2. Rientrano nell’attività di autoriparazione tutti gli interventi di sostituzione, modificazione e ripristino di qualsiasi componente, anche particolare, dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore di cui al comma 1, nonché l’installazione, sugli stessi veicoli e complessi di veicoli a motore, di impianti e componenti fissi. Non rientrano nell’attività di autoriparazione le attività di lavaggio, di rifornimento di carburante di altri liquidi lubrificanti o di raffreddamento, che devono in ogni caso essere effettuate nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dall’inquinamento atmosferico e di smaltimento dei rifiuti, nonché l’attività di commercio di veicoli.
3.Ai fini della presente legge l’attività di autoriparazione si distingue nelle attività di:
a)      meccanica e motoristica;
b)      carrozzeria;
c)      elettrauto;
d)      gommista”.
“Art. 6 (Obblighi del proprietario o possessore di veicoli o di complessi di veicoli a motore). – 1. Il proprietario o possessore dei veicoli o dei complessi di veicoli a motore di cui al comma 1 dell’art. 1 deve avvalersi, per la manutenzione e la riparazione dei medesimi, di imprese iscritte nel registro di cui all’art. 2, salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 1 e fatta eccezione per gli interventi di ordinaria e minuta manutenzione e riparazione”.
Note all’art. 2:
–                     La legge 8 giugno 1990, n. 142, recante: ”Ordinamento delle autonomie locali” è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale” del 12 giugno 1990, n. 135, supplemento ordinario. Il testo dei commi 4 e 5 dell’art. 27 è il seguente:
“4. L’accordo, consistente nel consenso unanime delle amministrazioni interessante, è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L’accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all’art. 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l’assenso del comune interessato.
5.              Ove l’accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza”.
–                     Il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante: “ Nuovo codice della strada” è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1992, n. 114, supplemento ordinario. Si riporta il testo degli articoli 16, 17 e 18, per quanto di interesse.
“Art. 16 (Fasce di rispetto in rettilineo ed aree di visibilità nelle intersezioni fuori dei centri abitati). 1. Ai proprietari o avventi diritto dei fondi confinanti con le proprietà stradali fuori dei centri abitati è vietato:
a)      aprire canali, fossi ed eseguire qualunque escavazione nei terreni laterali alle strade;
b)      costruire, ricostruire o ampliare lateralmente alle strade, manufatti o muri di cinta di qualsiasi tipo e materiale a distanze misurate dal confine stradale inferiori a quelle indicate nel regolamento per ciascun tipo di strada;
c)      impiantare alberi lateralmente alle strade, siepi vive o piantagioni ovvero recinzioni.
Il regolamento determina le varie distanze dal confine stradale in relazione alla tipologia dei divieti indicati.
2.      In corrispondenza di intersezioni stradali a raso, alle fasce di rispetto indicate nel comma 1, lettere b) e c), devesi  aggiungere la area di visibilità determinata dal triangolo avente due lati sugli allineamenti delimitanti le face di rispetto, la cui lunghezza misurata a partire dal punto di intersezione degli allineamenti stessi sia pari al doppio delle distanze stabilite nel regolamento, e il terzo lato costituito dal segmento congiungente i punti estremi.
3.   In corrispondenza e all’interno degli svincoli è vietata la costruzione di ogni genere di    manufatti in elevazione e le fasce di rispetto da associare alle rampe esterne devono essere quelle relative alla categoria di strada di minore importanza tra quelle che si intersecano.
                        (Omissis)”.
“Art. 17 (Fasce di rispetto nelle curve fuori dei centri abitati). – 1. Fuori dei centri abitati, all’interno delle curve devesi assicurare,  fuori della proprietà stradale, un fascia di rispetto, inibita a qualsiasi tipo di costruzione, di recinzione, di piantagione, di deposito, osservando le norme determinate dal regolamento in relazione all’ampiezza della curvatura.
2.All’esterno delle curve si osservano le fasce di rispetto stabilite per le strade in rettilineo.
          (Omissis)”.
          “Art. 18 (Fasce di rispetto ed aree di visibilità nei centri abitati). – 1. Nei centri abitati, le fasce di rispetto a tutela delle strade, misurate dal confine stradale, non possono avere dimensioni inferiori a quelle indicate nel regolamento in relazione alla tipologia delle strade.
          2.In corrispondenza di intersezioni stradali a raso, alle fasce di rispetto indicate nel comma 1 devesi aggiungere l’area di visibilità determinata dal triangolo avente due lati sugli allineamenti delimitanti le fasce di rispetto, la cui lunghezza misurata a partire dal punto di intersezione degli allineamenti stessi sia pari al doppio delle distanze stabilite nel regolamento a seconda del tipo di strada, e il terzo lato costituito dal segmento congiungente i punti estremi.
          3.In corrispondenza di intersezioni stradali a livelli sfalsati è vietata la costruzione di ogni genere di manufatti in elevazione all’interno dell’area di intersezione che pregiudichino, a giudizio dell’ente proprietario, la funzionalità dell’intersezione stessa e le fasce di rispetto da associare alle rampe esterne devono essere quelle relative alla categoria di strada di minore importanza tra quelle che si intersecano.
          4.Le recinzioni e le piantagioni dovranno essere realizzate in conformità ai piani urbanistici e di traffico e non dovranno comunque ostacolare o ridurre, a giudizio dell’ente proprietario della strada, il campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione.
          (Omissis)”.
Note all’art. 3:
–                     Il decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 1996 recante: “Nuove direttive alle regioni in materia di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione” è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1997, n. 70. Si riporta il testo del comma 1 dell’art. 2:
“Art. 2 (Nuove concessioni, potenziamenti e rinnovi). – 1. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 6, 7 e 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 settembre 1989, le concessioni relative ad impianti attivi e funzionanti (erogazione effettiva di carburanti negli ultimi dodici mesi) potranno essere finalizzate, previa volontaria rinuncia, ad operazioni di concentrazione e/o potenziamento da effettuarsi entro i termini con le modalità e nell’ambito territoriale stabiliti nei piani regionali di razionalizzazione e comunque entro cinque anni dalla data di entrata in vigore delle presenti direttive. In assenza del piano regionale di razionalizzazione le operazioni di concentrazione e/o potenziamento dovranno effettuarsi secondo le seguenti articolazioni:
a)      rinunce relative al chiusure effettuate entro il 30 giugno 1998: un quinquennio decorrente dalla chiusura. In tal caso potranno essere utilizzate in ambito regionale;
b)      rinunce relative a chiusure effettuate entro il 30 giugno 1999: un triennio decorrente dalla chiusura;
c)      rinunce relative a chiusure effettuate entro il 30 giugno 2000: diciotto mesi decorrenti dalla chiusura”.
-La legge 10 marzo 1986, n. 61, “Modifica dell’art. 21 del decreto-legge 30 settembre 1982, n. 688, convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 1982, n. 873, concernente la misura delle scorte di riserva a carico degli importatori di prodotti petroliferi finiti e del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 1741, concernente la disciplina della importazione, della lavorazione, del deposito e della distribuzione degli oli minerali e oli carburanti” è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 marzo 1986, n. 60. Il testo del comma 3 dell’art. 2 è il seguente:
            “3. Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, con proprio decreto, stabilisce annualmente l’ammontare complessivo delle scorte di riserva, ripartendolo fra i soggetti tenuti all’obbligo della scorta sulla base delle immissioni al consumo dell’anno precedente, previa detrazione dall’ammontare stesso dell’entità delle scorte detenute dai produttori di elettricità che gestiscono centrali termoelettriche, di quelle dei depositi commerciali ed industriali – esclusi quelli SIF e doganali privati – aventi l’obbligo della tenuta della scorta in misura pari al 10 per cento delle relative capacità, della scorta strategica di proprietà dello Stato, dei prodotti ottenibili dalla lavorazione del greggio di produzione nazionale, e delle scorte operative delle raffinerie che abbiano effettuato lavorazioni per conto di un committente estero o per l’esportazione, limitatamente alla quantità di prodotto ottenuto da lavorazioni per conto di committente estero o per l’esportazione. Per i soggetti che iniziano l’immissione al consumo di prodotti petroliferi nel corso dell’anno, l’ammontare della scorta è fissato in misura pari al 25 per cento delle quantità progressivamente immesse al consumo”.
            -La legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri” è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n. 214, supplemento ordinario. Si riporta il testo del comma 1 dell’art. 17, nonché dei commi 25, 26, 27 e 28 dell’art. 17 della legge 15 maggio 1997, 127, sullo snellimento dell’attività amministrativa:
            “Art. 17 (Regolamenti). – 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a)      L’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi;
b)      L’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c)      Le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d)      L’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e)      L’organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali”.
“25. Il parere del Consiglio di Stato è richiesto in via obbligatoria:
a)      per l’emanazione degli atti normativi del Governo e dei singoli Ministri, ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché per l’emanazione di testi unici;
b)      per la decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica;
c)      sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti da uno o più Ministri.
26. E’ abrogata ogni diversa disposizione di legge che preveda il parere del Consiglio di Stato in via obbligatoria Resta fermo il combinato disposto dell’art. 2, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’ art. 33 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.
27. Fatti salvi i termini più brevi previsti per legge, il parere del Consiglio di Stato è reso nel termine di quarantacinque giorni da ricevimento della richiesta; decorso il termine, l’amministrazione può procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. Qualora, per esigenze istruttorie, non possa essere rispettato il termine di cui il presente comma, tale termine può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.
      28. E’ istituita una sezione consultiva del Consiglio di Stato per l’esame degli schemi di atti normativi per i quali il parere del Consiglio di Stato è prescritto per legge o è comunque richiesto dall’amministrazione. La sezione esamina altresì, se richiesto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, gli schemi di atti normativi dell’Unione Europea, Il parere del Consiglio di Stato è sempre reso in adunanza generale per gli schemi di atti legislativi e di regolamenti devoluti alla sezione o dal presidente del Consiglio di Stato a causa della loro articolare importanza”.
– Il testo dell’art. 17, comma 1 della legge 8 giugno 1990, n. 142, recante ”Ordinamento delle autonomie locali” è il seguente:
            “Art. 17 (Aree metropolitane). – 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali”.
– Il decreto del Ministero dell’industria, commercio e artigianato, del 16 maggio 1996, n. 392, recante “Regolamento recante norme tecniche relative alla eliminazione degli olii usati” è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 luglio 1996, n. 173. Il testo del comma 4 dell’art. 2, è il seguente:
“4. I rivenditori al dettaglio che non effettuano la sostituzione dell’olio, sono tenuti ad esporre, ove non altrimenti indicato, una targa ben visibile che inviti gli acquirenti a non disfarsi dell’olio usato, disperdendolo nell’ambiente, ed a conferirlo nell’apposito centro di stoccaggio”.
Note all’art. 4:
– La legge 15 marzo 1997, n. 59, recante “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa” è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 1997, n. 63, supplemento ordinario. Si riporta il testo del comma 1, dell’art. 2:
“Art. 2. – 1. La disciplina legislativa delle funzioni e dei compiti conferiti alle regioni ai sensi della presente legge spetta alle regioni quando è riconducibile alle materie di cui all’art. 117, primo comma  della Costituzione. Nelle restanti materie spetta alle regioni il potere di emanare norme attuative ai sensi dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione”.
– Il testo del comma 3 dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante: “Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri” è il seguente:
            “3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione”.
Note all’art. 5:
– La legge 9 gennaio 1991, n. 9, recante: “Norme per l’attuazione del Nuovo piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali” è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 1991, n. 13, supplemento ordinario. Il testo dell’art. 16 è il seguente:
            “Art. 16 (Attuazione della legge – Competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano). – 1. Le regioni emanano, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, norme per l’attuazione della presente legge.
2. Resta ferma la potestà delle province autonome di Trento e di Bolzano di emanare norme legislative sul contenimento dei consumi energetici e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia nell’ambito delle materie di loro competenza, escluse le prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale contenute nella presente legge e nelle direttive del CIPE.
3. Su richiesta delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, l’ENEL, l’Ente nazionale idrocarburi (ENI), l’ENEA, il CNR e le università degli studi in base ad apposite conve