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CONCESSIONI: RELAZIONE ILLUSTRATIVA ALL’ARTICOLATO PROPOSTO DAI GESTORI

(Misure per la transizione della rete distributiva dei prodotti energetici per uso di autotrazione verso la mobilità sostenibile, nonché per l’efficienza del mercato, la tutela degli operatori commerciali ed il contrasto delle attività illegali)
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Gli obiettivi europei e nazionali di progressiva decarbonizzazione della mobilità, fino all’azzeramento delle emissioni in meno di trenta anni, impongono sin d’ora una precisa strategia per governare una transizione di straordinaria complessità sia in termini di investimenti che di interventi necessari per gestire i relativi effetti economici e sociali.
La prima e più importante infrastruttura funzionale al perseguimento degli obiettivi è certamente la rete di distribuzione carburanti, che oggi è il pilastro della mobilità su gomma ed il cui ruolo va quindi ridefinito nel nuovo scenario.
Non vi è dubbio che per il biometano, i biocarburanti liquidi e, in prospettiva, per l’idrogeno la rete di distribuzione carburanti sia l’unico canale distributivo realisticamente utilizzabile; tuttavia la stessa rete ha un ruolo centrale anche per la ricarica dei veicoli elettrici.
E’ evidente infatti che le “colonnine” a bassa potenza (da pochi kW, ad alcune decine di kW) consentono ricariche molto lente, che necessitano di alcune ore, non permettendo un utilizzo del veicolo elettrico competitivo, in termini di fruibilità, con quello del veicolo con motore a scoppio.
Il rischio, rimanendo sostanzialmente le cose in questo modo, è che i veicoli elettrici rimangano un mercato di nicchia, composto di seconde o terze auto acquistate solo da utenti “ricchi” che possono permetterselo.
Al contrario, un rifornimento ad alta potenza (superiore a 300 kW), che permette di effettuare la ricarica in meno di 20 minuti, consentirebbe un utilizzo del veicolo elettrico del tutto assimilabile a quello di un veicolo con motore a scoppio.
Ad oggi in Italia è stato realizzato un numero molto limitato di stazioni di rifornimento ad alta potenza ed il motivo è facilmente spiegabile: si tratta di investimenti rilevanti che troverebbero giustificazione economica solo in presenza di una adeguata domanda che tuttavia fatica a generarsi proprio per l’assenza di tali infrastrutture.
Si tratta, quindi, di una situazione in cui il solo mercato non può dare una efficace soluzione al problema.
Ne deriva l’esigenza di un intervento dello Stato che consenta di programmare la realizzazione di un numero di stazioni di rifornimento ad alta potenza appropriato, su base territoriale, a garantire il soddisfacimento non solo della domanda esistente ma anche di quella che si intende progressivamente attivare per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione della mobilità.
Tali investimenti non saranno i soli da effettuare sull’attuale rete di distribuzione carburanti: oltre a quelli riguardanti gli altri prodotti energetici per la mobilità (biometano, i biocarburanti liquidi e idrogeno) sarà infatti necessario procedere alla progressiva bonifica degli stoccaggi di carburanti esistenti.
Per governare la transizione verso la decarbonizzazione della mobilità l’incentivazione degli investimenti è certamente necessaria, ma non sufficiente a garantire l’ordinato sviluppo della rete.
A questo scopo è indispensabile che lo Stato si doti degli strumenti di programmazione tipici delle attività in concessione.
A rafforzare le motivazioni di tale scelta esiste anche un’altra opportunità connessa alla realizzazione di stazioni di rifornimento ad alta potenza.
Infatti, tali stazioni, che sono di norma alimentate in media tensione, potrebbero essere dotate di un proprio impianto di accumulo che svolgerebbe una duplice funzione: da una parte consentirebbe di smussare le curve di carico sulla rete, riducendo in tal modo gli investimenti sulla rete di distribuzione elettrica, e dall’altra potrebbe contribuire a livello locale e nazionale alla gestione della produzione da fonti rinnovabili intermittenti che sarà evidentemente crescente.
La gestione coordinata di tali impianti di accumulo, che a regime può raggiungere una dimensione complessiva di alcune migliaia di MW, deve essere affidata ovviamente ai concessionari della distribuzione elettrica; ne deriva l’esigenza che anche l’attività di accumulo nelle stazioni di rifornimento sia oggetto di concessione.
In termini generali, va sottolineato come l’utilizzo dello strumento della concessione nel settore specifico non sia di alcun ostacolo alla concorrenza oltreché essere ampiamente giustificato, tra l’altro, dagli impegni assunti dall’Italia a fronte della legislazione comunitaria vigente che impone agli Stati Membri l’obbligo di detenere un quantitativo minimo di scorte petrolifere, nonché di prodotti finiti, che devono essere assicurate annualmente da tutti i soggetti che nell’anno precedente hanno immesso in consumo prodotti energetici, oltreché dall’Organismo Centrale di Stoccaggio Italiano (OCSIT) che ha il compito di acquisire, mantenere, vendere e trasportare scorte specifiche nel territorio italiano.
Al contrario, esso appare essere, a condizioni date, lo strumento più idoneo a contrastare in modo efficace i sempre più diffusi fenomeni di illegalità che attualmente comportano l’evasione di consistenti importi fiscali e penalizzano gravemente gli operatori onesti, falsando la concorrenza.
Non c’è dubbio, infatti, che la concessione offra la possibilità di operare più stringenti controlli ex ante, attraverso la determinazione degli opportuni criteri e requisiti specifici domandati sia al richiedente, che alla stazione di rifornimento, in termini di qualità e diversificazione dell’offerta, oltre a possedere in sé mezzi più efficaci per contrastare e perseguire comportamenti inadempienti ex post, come la decadenza per il venir meno dei suddetti requisiti o la revoca per motivi di pubblico interesse.
A questo proposito va considerato che se lo strumento della concessione, da una parte, sembra essere il supporto più utile per dare maggiore incisività alle misure quali la fatturazione elettronica, la comunicazione telematica dei corrispettivi, l’introduzione dell’e-DAS, varate per contrastare i comportamenti illegali sul piano della fornitura dei prodotti, per altro verso, ma allo stesso modo, consentirà più adeguate verifiche e controlli anche sul piano della rispondenza alle leggi del trattamento contrattuale del capitale umano variamente impiegato dal livello distributivo finale della filiera: elemento finora trascurato e sottovalutato, ma che appare altrettanto strategico, sia per impedire un facile sbocco al consumo dei prodotti clandestini, che per neutralizzare illeciti vantaggi competitivi.
Infine, lo strumento della concessione consentirà di procedere alla razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti – questione rimasta irrisolta da decenni e che mina la produttività e l’efficienza della rete stessa – sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, basati anche sulla disponibilità e sulla possibilità tecnica degli operatori ad investire sulla decarbonizzazione.
La materia complessiva della decarbonizzazione della mobilità tocca trasversalmente competenze statali e competenze concorrenti statali e regionali. Ai sensi dell’articolo 117, secondo comma della Costituzione, allo Stato compete, in via esclusiva, la potestà legislativa per la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema“; appartiene invece alla potestà legislativa concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, la materia della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia“.
Alle Regioni va dunque demandata la disciplina, con legge, delle modalità e delle procedure di assegnazione delle concessioni. Allo Stato compete fissare obiettivi, criteri e parametri cui le leggi regionali dovranno attenersi; tra essi, il numero minimo di stazioni di rifornimento ad alta potenza e degli altri impianti per la fornitura di prodotti energetici decarbonizzati da realizzare in rapporto alla popolazione, con i relativi obiettivi intermedi, la durata delle nuove concessioni, in relazione alla complessità delle proposte progettuali presentate e all’importo degli investimenti, i criteri per fissare le distanze minime e massime da rispettare tra le stazioni di servizio e per garantire una fornitura adeguata anche ai comuni isolati.
Lo strumento migliore per individuare gli obiettivi nazionali è naturalmente il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che per avere la valenza di atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni ed alle Province autonome va emanato con apposito Decreto del Presidente della Repubblica.
Entro un anno dall’entrata in vigore del DPR dovranno poi essere emanate le leggi regionali ed avviate le procedure di assegnazione delle nuove concessioni; in caso di mancato rispetto del termine di avvio da parte della Regione interessata si prevede l’esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato.
Dal punto di vista economico le necessità di finanziamento degli investimenti non sono le sole cui occorre far fronte: va infatti tenuto conto della necessità di gestire gli impatti, anche occupazionali, connessi alle chiusure dei punti vendita carburanti che non otterranno la concessione.
Ne deriva la necessità di prevedere un meccanismo in grado di garantire adeguate risorse per incentivare gli investimenti, indennizzare proprietari e gestori degli impianti esistenti cui non è rilasciata la concessione e consentire la bonifica degli impianti nei casi in cui i proprietari non abbiano adempiuto.
Tale meccanismo è individuato nell’istituzione di un “Fondo per la decarbonizzazione della rete distributiva di prodotti energetici per autotrazione”.
Tale fondo, fatti salvi eventuali contributi a carico del bilancio della Stato, è alimentato da un “Onere generale di sistema per la mobilità sostenibile”, ovvero da un corrispettivo per l’uso della rete di distribuzione di prodotti energetici per autotrazione, cui assoggettare tutti i prodotti energetici destinati alla mobilità diversi da quelli decarbonizzati.
La gestione del Fondo e la determinazione annuale di tale onere di sistema, per ciascuno dei prodotti, è affidata all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), che già gestisce gli analoghi oneri di sistema per finanziare, tra l’altro, l’incentivazione delle fonti rinnovabili. Alla stessa ARERA è affidata la regolazione delle modalità di riscossione dell’onere di sistema e di erogazione di incentivi, indennizzi e contributi.
E’ invece affidata ad apposito decreto del Ministro per la Transizione Ecologica, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta dell’ARERA e sentite le associazioni dei principali operatori nonché le organizzazioni di categoria dei gestori più rappresentative a livello nazionale, la determinazione degli incentivi a ciascuna tipologia di investimento e degli indennizzi ai proprietari degli impianti esistenti cui non è rilasciata la concessione e ai relativi gestori.
Infine, per garantire la bonifica ambientale e l’effettivo smantellamento di impianti che, decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, non siano oggetto di concessione ed i cui proprietari non abbiano provveduto alla bonifica ambientale del sottosuolo e della riduzione in pristino delle superfici, con lo stesso decreto ministeriale la proprietà di tali suddetti impianti è conferita ad una società pubblica cui sono erogati contributi a copertura delle spese sostenute, fatta salva ogni modalità di rivalsa sui precedenti proprietari.