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GESTORI DENUNCIANO L’ILLEGALITÀ CONTRATTUALE

Comunicazione a mezzo PEC (anticipata via e-mail)

Prot. 67/PEC/2021 Roma, 8 giugno 2021

Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, On.le Andrea Orlando

Al Ministro dello Sviluppo Economico, On.le Giancarlo Giorgetti

Ai Componenti la XI Commissione SENATO

Ai Componenti la XI Commissione CAMERA

Al Presidente INPS, Prof. Pasquale Tridico

Al Presidente INAIL, Dott. Franco Bettoni

Al Capo Ispettorato Nazionale del Lavoro, Generale Leonardo Alestra

Al Comandante Nucleo Carabinieri per la Tutela del Lavoro, Generale Gerardo Iorio

Egregi Signori,

le nostre Federazioni, che tutelano ed assistono i Gestori degli impianti stradali ed autostradali di distribuzione carburanti per autotrazione, intendono portare alla loro attenzione il fenomeno, progressivamente dilagante, dell’elusione sia delle normative specifiche del particolare mercato della distribuzione al pubblico dei carbolubrificanti destinati alla movimentazione degli autoveicoli privati o aziendali, sia delle normative più generali in materia giuslavoristica, previdenziale, assistenziale e di tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro.

Nel merito, in sintesi, da alcuni anni gli operatori petroliferi, compagnie petrolifere propriamente dette e titolari privati di impianti stradali di carburanti (cosiddetti “retisti“) stanno progressivamente adottando strumenti contrattuali di dubbia legittimità per l’esercizio concreto e la conduzione degli impianti carburanti citati, utilizzando formule che seppur riconosciute dal nostro ordinamento (contratto di appalto, contratto di associazione in partecipazione e similari) vengono artificiosamente modulati in primis per eludere le normative specifiche (Legge 1034/70 e relativo Regolamento di esecuzione contenuto nel DPR 1269/71 per il segmento autostradale; Decreto Leg.vo 32/98 e s.m.i. art. 1 commi dal 6 al 10 per la “rete” ordinaria) che prevedono obbligatoriamente che il titolare di una autorizzazione petrolifera (rectius: “concessione” per gli impianti collocati sul segmento autostradale) debba dare esecuzione alla stessa, direttamente (con proprio personale) ovvero affidando a terzi la gestione del punto vendita carburanti mediante un contratto “avente all’oggetto la cessione gratuita delle attrezzature fisse e mobili costituenti l’impianto” (cfr. D.Lgs 32/98 e s.m.i.), a fronte della garanzia di acquisto in esclusiva di carburanti e lubrificanti per uso di autotrazione (fornitura/somministrazione ovvero di commissione come previsto ai sensi dalla L. 27/2012). In altri termini: la norma esclude altre fattispecie – quale, a solo titolo esemplificativo – l’appalto, ovvero l’associazione in partecipazione per la rivendita al pubblico dei prodotti “fuel” per la mobilità.

Per aggirare una norma così stringente – ripetutamente confermata dal Parlamento a tutela della parte contrattuale più debole – i titolari degli impianti – senza distinzioni fra “retisti” e “compagnie petrolifere” hanno fatto ricorso ad artificiose costruzioni giuridiche.

Il sistema, utilizzato su larga scala soprattutto dalle tradizionali compagnie petrolifere presenti sul mercato italiano, prevede la stipula di un normale contratto di affidamento in uso gratuito (ex Lege), ad una società fittiziamente “terza” (ma controllata al 100 % dalla medesima compagnia petrolifera), sostanziato da un contratto di fornitura e/o commissione, lasciando che sia questa società “terza” a stipulare, per l’effettivo esercizio della predetta attività, un contratto di appalto o di associazione in partecipazione con micro imprese che, di volta in volta, sono ditte individuali piuttosto che società di persone, prive di qualsiasi mezzo o strumento (che non sia il lavoro manuale) per poter essere qualificati “imprese” (in aperta violazione sia di quanto previsto dalla Legge 1369/1960 che dalla successiva riforma avvenuta con il Decreto Leg.vo 276/2003): soggetti, in altre parole, che svolgono una vera e propria prestazione di lavoro dipendente ma che non godono delle necessarie garanzie previste dal legislatore a tutela del lavoro subordinato.

Questo sistema di aggiramento della norma è così ampiamente diffuso che anche i “retisti privati” vi ricorrono sistematicamente sommando in capo allo stesso soggetto tanto la titolarità del punto di vendita, quanto il contratto di “gestione/affidamento” in uso gratuito ma trasferendone l’esecuzione a cosiddette “micro imprese” con le medesime modalità appena illustrate.

Come noto, il Legislatore del 1960 si era posto come obbiettivo quello di tutelare le forme del lavoro dipendente, affrontando e perseguendo il fenomeno della interposizione fittizia di manodopera. Già allora, l’appalto “simulato“, vale a dire l’accordo in base al quale l’appaltatore si limitava a mettere a disposizione manodopera che avrebbe dovuto essere semmai assunta dalla impresa committente, veniva censurato, inibito e pesantemente sanzionato.

Con la riforma del 2003, una volta abrogata la legge 1369, viene chiaramente ridefinita la materia, incentrandola sulla distinzione nota tra appalto e somministrazione di manodopera, ma ha fornito una nuova definizione dell’appalto “autentico“, tramite il richiamo ai suoi tradizionali elementi distintivi, quali: organizzazione dei mezzi necessari (propri) e l’assunzione del rischio di impresa.

Nel nostro settore, è questa la chiave di lettura e quindi la questione centrale: i mezzi utilizzati per la distribuzione carburanti (erogatori, serbatoi, locali, insomma tutto quello che costituisce un tradizionale impianto stradale o autostradale di carburanti) sono e rimangono di proprietà del titolare dell’autorizzazione /concessione petrolifera e “concessi” in comodato d’uso ad una società “fittiziamente terza” (ovvero al medesimo titolare del punto di vendita) la quale ultima ne trasferisce temporaneamente l’uso all’appaltista (cfr. contratto di “appalto tipo”, Allegato A). Ad ulteriore completamento del quadro, tali tipologie contrattuali non sono “genuine” poiché nella sostanza è il committente ad organizzare l’intero ciclo delle modalità di esecuzione del lavoro (l’orario, le divise e i loghi identificativi, i mezzi strumentali, l’operatività commerciale e le modalità relazionali con il pubblico…) e quindi spesso configurano dei veri e propri rapporti di lavoro subordinato.

Ad avviso delle scriventi, lampante è la progressiva e significativa elusione delle norme in materia previdenziale, assicurativa e finanche in materia di tassazione sui redditi tenuto conto del ridottissimo corrispettivo che viene riconosciuto all’appaltista a fronte dell’impegno lavorativo profuso in tali attività, oltreché la violazione dell’intera disciplina speciale di settore, emanata dal Parlamento, che qualifica i rapporti fra titolari dei punti di vendita e “gestori”.

Un secondo aspetto, al momento in via di riduzione in considerazione della vantaggiosità, ovviamente per gli operatori petroliferi in generale, della formula dell’appalto come sopra sinteticamente descritto, riguarda l’adozione dei contratti di associazione in partecipazione con i quali, nonostante la copiosa giurisprudenza in materia, si intende dare una apparente parvenza di “autonomia imprenditoriale” a micro imprese sottoposte a vincoli di orario, ad un assoggettamento rigoroso al potere gerarchico e disciplinare dell’associante, nonostante il “nomen juris” attribuito al relativo contratto.

In sintesi, Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio denunciano un quadro complessivo che utilizza formule contrattuali apparentemente legittime e consentite dalle normative “civilistiche”, per eludere disposizioni legislative cogenti nelle complesse materie della distribuzione carburanti – intesa anche come servizio pubblico essenziale – della regolamentazione del lavoro autonomo e subordinato, con le sue tutele e con gli adempimenti previdenziali connessi.

Le scriventi pur essendo consapevoli della tutela operante a favore della parte vessata, attraverso il Giudice naturale laddove adito, evidenziando che tale diritto è di fatto svuotato dal timore di reazione della parte committente/affidante, richiedono ai Ministeri ed agli Enti in indirizzo di effettuare una verifica sulla legittimità e liceità degli strumenti adottati al fine di accertare le eventuali violazioni delle normative sopra sinteticamente richiamate ed oggi invalse sul 60% della rete di distribuzione carburanti per l’evidente “risparmio” che siffatti contratti consentono all’imprenditore petrolifero.

La denuncia è volta ad ottenere, in favore di detti lavoratori, l’applicazione delle tutele proprie del lavoro subordinato o in alternativa la dichiarazione di inefficacia di tali anomali contratti, e la inibizione al loro utilizzo. Questa denuncia è inevitabile a fronte dell’ostinazione con cui sia i gruppi indipendenti ma anche storiche compagnie petrolifere si stanno muovendo nell’ambito della riorganizzazione della rete distributiva.

Faib, Fegica e Figisc/Anisa a più riprese hanno evidenziato che la presenza sugli impianti di addetti non contrattualizzati ai sensi della normativa speciale di settore o con la tipologia del lavoro subordinato produce seri problemi di legalità, di sicurezza sugli impianti (gli addetti di settore sui quali ricadono tutte le responsabilità penali sono tenuti a svolgere corsi antincendio e ad offrire una serie di garanzie di affidabilità e professionalità in termini di sicurezza sia sulla normativa ambientale che del lavoro, difficile da garantire a causa delle attrezzature datate) e di corretta concorrenza tra imprese.

Per porre infine una domanda retorica: se tali comportamenti non fossero inibiti con definitivi pronunciamenti anche giurisprudenziali, chi potrebbe vietare al singolo “imprenditore del settore” di adottare analoghi strumenti contrattuali in sostituzione di quelli utilizzati conseguenti l’applicazione dei CCNL per i lavoratori dipendenti?

Un po’ come accaduto, di recente, nella vicenda dei “riders” utilizzati nelle consegne domiciliari, senza diritti e con “retribuzioni” risibili (fino al pronunciamento della Magistratura milanese).

Da ultimo, ci corre l’obbligo di sottolineare che tali comportamenti degli operatori petroliferi non solo potrebbero integrare, come indicato, casi eclatanti di mancata riscossione da parte degli Entri preposti di importi significativi in materia di imposte , tasse sul reddito, oneri previdenziali ed assistenziali etc, ma costituiscono di fatto un fenomeno di dumping contrattuale in rapida espansione, consentendo concretamente di svolgere attività di concorrenza sleale con altri operatori, nello stesso segmento di mercato, che utilizzano le formule consentite dalle normative (gestione degli impianti carburanti in forma diretta con personale dipendente o affidamento degli stessi a micro imprese di gestione che si avvalgono a loro volta di personale dipendente.)

Con la presente le scriventi Federazioni intendono, dunque, avanzare un formale invito a tutti i destinatari della presente, per le competenze loro attribuite, nonché agli organismi di controllo ad attivare nel settore specifico della distribuzione carburanti azioni di verifica e contrasto all’evasione degli obblighi di legge e contrattuali in materia di lavoro e previdenza sociale.

Certi che i problemi sollevati contribuiscano ad avviare, in tempi rapidi, l’esame delle questioni poste, le scriventi Federazioni di categoria si rendono immediatamente disponibili per un approfondimento di quanto denunciato anche, ove occorra, producendo adeguata documentazione utile.

Con osservanza,

FAIB/FAIB AUTOSTRADE

FEGICA

FIGISC/ANISA