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AUTOSTRADA: COVID A PARTE, UNA CRISI DATATA DA ANNI

L’emergenza pandemica, in particolare per le restrizioni rigorose del 2020, ha inferto un ulteriore duro colpo alle performance del comparto.

Nel 2020, infatti, le vendite di benzina e gasolio hanno subito una contrazione del 34,36 % a fronte di un decremento delle percorrenze chilometriche di un 27,22 %, perdite recuperate in parte nel 2021, con un incremento delle vendite nell’ordine del 20,57 % (con un recupero, pertanto, di circa il 60 % dei volumi del 2019) ed un aumento delle percorrenze del 22,76 % (con un recupero pari ad un 84 %).

Nel 2020 l’ammontare dei pedaggi dei Concessionari delle tratte autostradali in tale regime ha registrato una flessione del 24,22 %, con un ammontare di 6,354 miliardi di euro contro gli 8,384 del 2019.

Come strascico di quel difficile periodo e delle misure di sostegno attivate dai Governi, alcuni organi di stampa recentissimamente hanno evidenziato la vicenda dei ristori praticamente a piè di lista erogati ad alcuni Concessionari della rete autostradale. Secondo la ricostruzione fattane, il Ministero competente avrebbe a suo tempo invitato i Concessionari a riformulare i propri piani finanziari «in relazione all’evoluzione dell’emergenza sanitaria».

Tale riformulazione avrebbe comportato la richiesta e la successiva erogazione a titolo di acconto di 542 milioni di euro ad ASPI – Autostrade per l’Italia, pari cioè alla differenza del fatturato del periodo marzo-giugno 2020 contro il fatturato dello stesso periodo del 2019. Tuttavia, sempre in base alla ricostruzione del fatto, «nell’intero 2020 gli incassi netti sono stati inferiori a quelli del 2019 di 816 milioni e nel 2021 la differenza è stata di altri 231 milioni (pari al 7,6%)», ossia un totale di oltre un miliardo di euro. A quel che ci consta, secondo i dati AISCAT, per ASPI i pedaggi del 2020 sono ammontati a poco più di 3,136 miliardi di euro contro i quasi 4,155 del 2019, con un decremento di poco meno di 1,019 miliardi (-24,52 %). Tale rimborso in ogni caso dovrebbe avere una estensione alla intera platea dei Concessionari (che, come esposto più sopra, nel 2020 hanno registrato minori introiti per pedaggi in misura pari a poco più di 2,030 miliardi di euro rispetto al 2019.

Una logica, quella del “piè di lista”, dunque ben diversa dal meccanismo dei ristori selettivi, per soglia di perdita e per importi massimi concedibili, cui hanno dovuto acconciarsi tutti gli altri operatori economici grandi e piccoli del comparto, che non godono di quel regime, che altro non si può definire se non di sostanziale “extraterritorialità”, dei Concessionari.

Non altro, infatti, si può definire un comparto in cui il dominus incontrastato è il Concessionario, cui è stato affidato un bene pubblico in cui può operare in un contesto di “mercato garantito” con entrate certe e codificate in anticipo tramite gli aggiornamento dei pedaggi, a fronte di costi, di manutenzioni e di investimenti dilazionabili e persino non realizzabili, con remunerazione di equity sproporzionate ai rischi degli investimenti normalmente esistenti in un libero mercato, con libertà assoluta di imporre royalty a chi investe nel sedime facendo lievitare il prezzo di beni e servizi per cui alla lunga tutti perdono fuorché il dominus e con lo Stato sempre pronto ad assumersi i rischi e gli imprevisti e prono a sottoscriverne tutti i piani finanziari.

Covid e relativi strascichi a parte, tuttavia, il declino delle attività collegate alla rete autostradale è una deriva avviata da anni e che riguarda in diversa misura tanto la distribuzione carburanti che gli altri servizi.

Poiché di distribuzione carburanti ci occupiamo, i numeri dell’oil denotano per le vendite dei due prodotti prevalenti una inarrestabile caduta: se si esaminano i dati, dal 1979, in cui si vendettero 2,680 miliardi di litri, fino al 1985 le vendite sono state comprese tra i 2,5 ed 2,9 miliardi di litri fino al 1985 e tra i 3,0 ed 3,9 miliardi tra il 1986 ed il 1996, mentre le migliori performance hanno riguardato gli anni dal 1997 al 2004, a valori sempre superiori ai 4 miliardi di litri, con una tendenza progressiva al decremento negli anni dal 2005 al 2010, ma comunque a valori compresi tra un massimo di 3,9 ed un minimo di 3,2, con un vero declino nel biennio 2011-2012 con vendite scese rispettivamente a 2,9 ed a 2,2 miliardi, mentre dal 2015 al 2019 i valori sono scesi sotto i 2 miliardi, tra un massimo di 1,65 miliardi nel 2015 ed un minimo di 1,26 nel 2019; infine, con il fatidico “anno pandemico” 2020 una ulteriore caduta sotto la soglia del singolo miliardo di litri (0,825 per la precisione), soglia non più superata neppure nel 2021, in cui si sono registrate vendite per 0,995 miliardi.

LE TABELLE ED I GRAFICI DI DETTAGLIO SONO CONSULTABILI NELL’ALLEGATA VERSIONE IN FORMATO PDF DI QUESTO ARTICOLO

Si può oggettivamente osservare, senza necessariamente connettere tra loro le due singolari circostanze, che a pochi anni dalla privatizzazione è partito un lento declino, poi tradottosi, per complesse e note ragioni (crisi economica e flessione del traffico, pedaggi crescenti, prezzi di beni e servizi non concorrenziali) in una vera e propria frana.

Se si mettono in relazione le dinamiche delle vendite con quelle del traffico (misurato in milioni-veicoli km secondo i dati AISCAT) emerge una netta dissociazione.

Le percorrenze sono progressivamente aumentate dal 1980 al 2010 (in volume del +175 %, 83.500 nel 2010 contro 30.000 mln nel 1980), per poi decadere nel periodo 2011-2015 per la crisi economica (79.500 mln nel 2015), ma nel 2019 erano risalite a 84.500 mln, trend bruscamente interrotto nel 2020 per le note ragioni (61.500 mln) e solo parzialmente compensato nel 2021 con valori (75.500 mln) ancora lontani dal 2019.

La divaricazione delle dinamiche tra vendite e traffico rispetto al 1980, dinamiche che sono abbastanza omogenee e progressivamente crescenti fino al 2005 [come rappresentato nella tabella e nel grafico seguenti],  diventa evidente  dopo il 2005, per poi assumere dal 2015 una inversione di segno, comunque sempre positivo per il traffico, sia pure con flessioni, ma sempre più negativo per le vendite (in volume -75 %, 0,8 miliardi nel 2020 contro 2,5 nel 1980).

Ma anche se si mettono in relazione le dinamiche delle vendite di benzina e gasolio in autostrada con quelle della rete stradale e delle vendite complessive sia in rete che in extrarete (misurate in milioni di litri secondo i dati MiSE) emerge una ulteriore netta dissociazione.

Se si confrontano i dati sul periodo più lungo (2021 rispetto al 1980), le vendite complessive sono aumentate del 33,4 %, con un mix molto differenziato: le vendite in rete calano del 7,2 % mentre aumentano quelle in extrarete addirittura del 201,4 %, ed in rete le vendite sul segmento stradale ordinario calano solo dello 0,4 contro un -60,4 % sul segmento autostradale.

Per confronti su periodi più recenti, ad esempio il 2021 rispetto al 2000, le vendite complessive sono diminuite del 16,2 %, le vendite in rete del 39,6 %, aumentano invece quelle in extrarete del 66,1 %, le vendite sul segmento stradale ordinario calano del 34,3 contro un -76,7 % sul segmento autostradale; ancora, ad esempio il 2021 rispetto al 2005, le vendite complessive sono diminuite del 21,6 % e le vendite in rete del 40,9 %, aumentano ancora quelle in extrarete del 34,8 %, le vendite sul segmento stradale ordinario calano del 36,8 contro un -74,3 % in autostrada; se si confronta il 2021 con il 2010, infine, le vendite complessive sono diminuite del 15,2 % e le vendite in rete del 34,8 %, aumentano ancora quelle in extrarete del 37,9 %, le vendite sul segmento stradale ordinario calano del 31,0 contro un -68,9 % in autostrada.

 

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