FIGISC – Smartphone

LA STRANA “SUPERSTIZIONE” DEL CARTELLO

Leggiamo in questi giorni un pressoché unanime lamento il cui contenuto essenziale è che “il cartello del ‘prezzo medio’ è un flopperché “non ha fatto diminuire i prezzi, come era sua funzione” (sì, proprio così!), prova ne sia che i prezzi continuano sempre ad aumentare anche dopo che è entrato in vigore – ormai da sei giorni, aggiungiamo – l’obbligo di esposizione.

Vera questa dei prezzi! I prezzi sono aumentati dal 1° agosto al 6 agosto nelle diverse regioni in misura variabile, per curiosità, in media per la benzina self di +1,7 cent/litro (tra un minimo di +1,1 ed un massimo di +2,0), per il gasolio, sempre self, l’aumento è in media di 4,0 cent/litro (tra un minimo di +3,3 ed un massimo di +4,8). L’aumento, calcolando una ponderazione tra i consumi dei due prodotti (circa 35 % la benzina, circa il 65 % il gasolio), vale mediamente tra i due prodotti +3,2 cent/litro. Ma come può essere diverso se anche sui mercati internazionali la quotazione media dei prodotti raffinati è, nel medesimo intervallo di tempo, aumentata di +2,9/+3,0 cent/litro (nelle settimane antecedenti, si fa incidentalmente notare, gli aumenti dei prezzi alla pompa si erano mantenuti più bassi degli aumenti dei prodotti raffinati di 3,0/4,0 cent litri)?

Il “cartello” che “doveva” determinare un “bene sotto forma di vantaggio sui prezzi non lo ha fatto, questa la prima faccia della moneta, che ha ovviamente una seconda faccia, che corrisponde alla opinione (anche espressa in sedi insospettabili) che è proprio il cartello che ha già determinato un “male, che è il cartello che “fa aumentare” il prezzo.

Leggendo codeste cronache e soppesando i giudizi contrastanti sul tema, sembra che il cartello – assurto ad una sorta di divinità potente, ma anche capricciosa e rancorosa come quelle della mitologia greca – sia, per sua natura intrinseca, capace di essere agente di “bene”, oppure di “male”, e che, invece di esprimer loro benevolenza, sembra abbia deciso di tormentare le umane genti in partenza per le vacanze.

Ora, noi ci chiediamo: può un semplice cartello (di carta, plastica o metallo o fate voi), con un numero astratto [il prezzo medio aritmetico è un risultato casuale derivante a) dal numero dei prezzi che vengono comunicati e b) da quale valore ciascuno di essi assume] scritto sopra “fermare il tempo” del mercato internazionale in modo che urbi et orbi si congelino gli aumenti? Può forzare OPEC+ a ripristinare i volumi di greggio tagliati in questi mesi? Può azzerare lo scarto tra domanda ed offerta di prodotto sui mercati fisici (wet market) e/o finanziari (paper market) che marca una differenza del 20 % in meno? Può codesto cartello convincere i raffinatori extraeuropei, da cui ormai dipendiamo – perché stiamo da anni mandando a ramengo la nostra raffinazione – a venderci a minor prezzo benzina e gasolio oppure a fornircene di più in modo da raffreddarne i prezzi?

Come no?! Se pensiamo che il cartello sia un oggetto magico, come l’Anello del Potere di Frodo Baggins, la spada Excalibur di Re Artù o almeno almeno la bacchetta della Fata di Cenerentola. Un oggetto magico, degno di culto se fa il “bene” o di esecrazione se, potendo fare il bene, predilige invece il “male”.

Strano però: viviamo in un’epoca in cui rifiutiamo modelli consolidati, superstizioni e vecchie fedi, storia scomoda, limiti fisici e persino realtà oggettive, abbiamo abbracciato uno scientismo che ha il fondamentalismo di una teologia, un progressivo progetto di transumanesimo, abbiamo santificato la volontà ed il diritto di percorrere qualsiasi di una delle nostre possibilità e fantasie. Insomma, siamo “liberi da ignoranza e pregiudizio” e godiamo del diritto di esser connessi a tutto il mondo h24 senza confini (ma anche senza impegno).

Eppure, eccoci qua improvvisamente sorpresi ad attribuire – contro ogni evidenza razionale – uno status divino, poteri incredibili (e corrispondenti delusioni se i poteri non funzionano come ci siamo ficcati in capo che dovrebbero) e virtù magiche ad una cosa come un cartello: una clamorosa caduta in una inusitata quanto banale (per la banalità dell’oggetto) superstizione.