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CONTRO LE BALLE, DICIAMOCI LA VERITÀ!

  • A TUTTE LE STRUTTURE TERRITORIALI FIGISC CONFCOMMERCIO
  • AL CONSIGLIO NAZIONALE FIGISC CONFCOMMERCIO
  • A TUTTI I GESTORI ASSOCIATI E NON

Nei giorni scorsi sono circolate comunicazioni FAIB-FEGICA di questo tipo: «abbiamo dovuto anche fare fronte ad un improvviso “distinguo” di una parte della rappresentanza () Distinguo che, per quanto in modo meno pubblico e palese, non hanno tardato a manifestarsi anche nelle relazioni con il Ministero, infondendo, a tratti e pericolosamente, nei suoi funzionari e nelle sue responsabilità politiche la convinzione che il Sindacato e la Categoria fossero infine pronti ad arrendersi e ad accettare condizioni che, invece, il Sindacato ha sempre continuato a rifiutare e combattere, giorno dopo giorno, con determinazione e con ogni mezzo a propria disposizione».

Si tratta di un mirato attacco alla FIGISC, una versione dei fatti totalmente falsa, rivenduta alla categoria per dare arbitrarie pagelle di “buono” e “cattivo” alle diverse sigle associative dei gestori, e più sotto ne spieghiamo il perché.

Ma prima ancora di entrare parlare, occorre fare un passo indietro per capire qualcosa delle vicende degli ultimi diciotto mesi – segnati dalla questione del contratto di “appalto” -. Lo facciamo cercando di essere il meno possibile lunghi, ma è necessario.

Dopo mesi di confronto tra sindacati, UNEM e Assopetroli sulla contrattualistica per predisporre il disegno di legge di riforma, dopo intense consultazioni tra le Organizzazioni, ci venne detto dai colleghi delle altre sigle che non bisognava far fallire il tavolo di confronto, e così, circa a metà febbraio 2024 ci venne chiesto  di sottoscrivere, immediatamente, un documento che avrebbe dovuto essere una “proposta” da mandare ad Assopetroli ed UNEM per sbloccare la situazione di stallo sulla trattativa.

Cosa conteneva quel documento (che NON fu FIGISC a scrivere in quei termini )? Due esempi:

1.«Forme contrattuali per l’affidamento semplificato di servizi e/o prestazioni

Nel dettaglio, il contratto d’affidamento semplificato (d’Appalto) – per poter essere applicato- deve essere registrato e tipizzato ai sensi della Legge 27/2012 nel rispetto di alcune precondizioni.

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il contratto di affidamento (in appalto) deve obbligatoriamente contenere dei requisiti minimi di tutela tipizzati e riferiti a:

1) durata minima di 3 anni salvo clausola anticipata di recesso a titolo oneroso (con reciprocità), con il riconoscimento di un indennizzo pari ad 1/2 del compenso residuo da liquidare fino alla scadenza del contratto (fatti salvi gli investimenti effettuati per lo svolgimento del servizio e non ancora ammortizzati. Si applicano le stesse condizioni nel caso in cui intervenisse un recesso o una decadenza fra Titolare dell’Impianto e Gestore/Comodatario (soprattutto nel caso di affidamento della gestione a società comunque controllate).

2) trattamento economico minimo da calcolarsi, in misura percentuale – non inferiore all’85% – sui margini minimi riconosciuti ai Gestori tradizionali cui è applicato il contratto di Cessione in uso gratuito integrato con contratti di fornitura, somministrazione, e/o commissione. Tali margini minimi sono quelli risultanti dalla negoziazione obbligatoria che caratterizza i requisiti minimi definiti per il soggetto titolare dell’impianto, con l’applicazione delle “sanzioni” previste nella parte della contrattualistica generale.

3) eventuali condizioni di contorno (equivalente al Bonus di Fine Gestione -Cipreg- previsto per la gestione tradizionale).»

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2.«Flessibilità per i contratti tipici e/o tipizzati

Alla definizione di regole chiare per l’utilizzo delle forme di affidamento semplificato (in appalto) prima esposte, deve aggiungersi anche una maggiore flessibilità condivisa alle forme tipizzate di conduzione del punto vendita mediante contratto di affidamento gratuito e/o commissione da perseguirsi anche mediante una riduzione della durata (oggi fissata, ex Lege, in 6 anni) o in subordine mediante la previsione di una clausola onerosa di risoluzione anticipata prima della scadenza, con l’introduzione di una clausola di reciprocità.»

Per il dogma (infallibile?) dell’unità sindacale, anche FIGISC sottoscrisse tale “proposta (nei tempi “urgentissimi” richiesti) che conteneva, per ripetere,

  1. a) sdoganamento – certo con garanzie economico-normative e con la dovuta contrattazione collettiva – dell’affidamento di servizi (stava scritto pure “appalto”),
  2. b) disponibilità ad “accorciare” la durata del comodato tradizionale.

Più tardi, a maggio 2024, il tavolo riprese, ma di fronte alle rigidità della controparte, il Presidente di FIGISC dichiarò al tavolo, in prima battuta da solo, di ritirare tale “proposta, qualunque fregnaccia diversa si racconti a posteriori oggi sull’argomento.

In altre parole, ancor prima di dare avvio alla mobilitazione, alle assemblee dei gestori, al contenzioso con ENI, questo era lo stato delle cose.

Di più: all’epoca, circa 3.300 punti vendita delle compagnie erano già in gestione diretta (ossia in appalto, guardiania, ecc.), pari al 22 % della loro rete (con alcuni marchi con quote tra oltre il 37 e oltre il 50 % della loro rete, e comunque oltre il 91 % NON di ENI), e, fuori dal perimetro delle petrolifere, altrettanti (e oggi hanno raggiunto, in tutta la rete, delle petrolifere e di terzi inclusi, circa 7.000 impianti, secondo quanto attesta anche UNEM).

Dopo tanto tempo trascorso, certo oggi si può anche raccontare il contrario di ciò che avvenne o travisare quelle vicende per sostenere che – dopo intense lotte ed intelligenti strategie, naturalmente solo dei “buoni” e non dei “cattivi” – si sono conseguiti importanti risultati ribaltando le sorti avverse e la cattiveria delle controparti (e anche in quella parte si danno patenti di “buono” e “cattivo”: ENI cattivo, IP buono, anche se allora aveva già un numero doppio di questi contratti).

Questi racconti servono a confondere un po’ l’effettiva realtà: cioè che siamo arrivati adesso comunque… al punto da cui si partiva allora, salvo – questo sì – avere vinto la resistenza delle controparti che avrebbero certo preferito attuare l’appalto senza vincoli, né contrattazione, né garanzie e – nelle versioni più datate – né rappresentanze di categoria, ma che poi sono maturate a più miti consigli, anche al fine di non dare altri vantaggi competitivi agli operatori più disinvolti e scorretti.

Ma allora a che serve gettare fango? In cosa consistono i “distinguo” di FIGISC, che secondo queste panzane avrebbe maramaldeggiato sulla categoria e si è fatta prona alle volontà della controparte?

Nel fatto che, a partire dall’inizio del 2025 questa sola sigla “cattiva ha avviato un confronto con ENI per esplorare un confronto su tutti i contratti e soprattutto a) per riportare il discorso sugli affidamenti di servizi dentro regole di contrattazione collettiva, b) per garanzie normative ed economiche, e c) per porre un freno al ricorso a questa tipologia, ossia esattamente entro i termini che sin dal 2024 erano rivendicati  (come li abbiam scritti sopra) e che oggi stanno dentro quasi integralmente nella la bozza di disegno di legge.

Insomma, il peccato capitale, il cedimento e il tradimento di FIGISC starebbero in questo, a differenza dei “buoni” che segnalavano in procura ENI (cosa che potrà esaltare la fantasia magari, ma senza risolvere una mazza!), per poi potersi inventare il giochino estivo “Cerca il diffamato” e assumere l’aura eroica dei “perseguitati”.

Salvo poi che questi altri “buoni” hanno anch’essi sondato la medesima Azienda e, si deve immaginare, con le medesime finalità.

Conclusione?  Si stanno raccontando balle, spargendo allusiva diffamazione.

E, a proposito, quanto al famoso disegno di legge, forse è il caso di puntualizzare, per pura onestà, un concetto trasmesso, NON da noi ai gestori:

  1. Corrisponde al vero, come dicono questi, che «il “contratto di affidamento semplificato” non sarà altro che una variante del “contratto di affidamento” oggi conosciuto. Non una nuova tipologia contrattuale.»? Se non fosse una nuova tipologia, al di là del termine “affidamento”, come si spiega che un intero articolo del disegno di legge, con 3 commi (di cui il primo con ben 7 sottocommi) siano dedicati a questo tema e si sian spesi due anni di tavoli e tavolini, tra battute di arresto e riprese, con innumerevoli versioni di testo?
  2. Corrisponde al vero, come sempre dicono questi, che «i Giudici di tutta Italia stavano invece cominciando a condannare (i comportamenti violativi, anche sul piano dei contratti e degli accordi collettivi)», ossia a condannare gli appalti – un inciso messo lì “casualmente” proprio prima di cominciare l’attacco a FIGISC -? La famosa “sentenza di Torino” (n. 3313/13.01.2025) molto osannata come “dimostrazione” dell’illegittimità del contratto di appalto, dice testualmente: «prescindendo dalla questione circa la compatibilità di tale tipo contrattuale (l’appalto, NdR) con le previsioni dell’art 17 DL n. 1 del 2012, questione non direttamente rilevante nel caso di specie», ossia che di questa cosa il Giudice se n’è proprio impippato! C’è una bella malizia nell’aver voluto mettere vicino prima questa inesistente “via maestra della giustizia” e subito dopo il “tradimento” della FIGISC. Se la speranza nella giustizia fosse stata così fondata, come mai quasi un anno prima della sentenza era stata avanzata la “proposta” di cui abbiamo raccontato sopra?

Infine, sul disegno di legge – con la tara che FIGISC non è d’accordo sulla riduzione della durata dei contratti di affidamento in comodato, una posizione precisa comunicata proprio in questi giorni al ministero – quel che è giusto dire è che:

  • si partiva da una situazione in cui la controparte voleva agire in assoluta libertà, fuori dagli schemi della negoziazione collettiva, degli accordi, con un contratto di appalto imposto singolarmente al gestore (come è andata avanti per anni “sul campo” fino ad arrivare a 3.300, prima che ENI facesse di colpo risvegliare dal torpore) e senza che il sindacato dovesse metterci becco;
  • sembra oggi di poter dire che i testi ministeriali contengano buona parte di quel che si voleva ottenere: a) obbligo generalizzato di contrattazione collettiva (ossia accordi con le aziende), per trattare ruoli, trattamento economico, indennizzi, preavvisi; c) ripresa di ruolo centrale delle organizzazioni di categoria; d) regolarizzazione dei contratti anomali in essere, e) regole eguali per tutti, f) meccanismi di arbitrato con potere sostitutivo nelle situazioni di stallo delle negoziazioni collettive, g) negoziazione con gli strumenti esistenti – non con l’affidamento di servizi, cioè, – per le attività non oil.

Come già detto, si è arrivati – salvo imprevisti od insidie – a quella “linea del Piave” da cui si era partiti diciotto mesi fa, tra non pochi ostacoli posti dalla parte contraria e considerato tutto quello che già c’era nella realtà della rete, accumulatosi in anni di anomalia contrattuale poco attenzionata.

Era una “linea del Piave” troppo arretrata, troppo rinunciataria in partenza, oppure era necessitata da quel che realismo che si deve avere quando si è sotto attacco e tutto attorno è cambiato in peggio?

Su questo ognuno pensi quel che crede, ma quella era – se si ricorda quanto detto sopra – la linea del Piave evidentemente di TUTTI, senza distinzioni tra “buoni” e “cattivi” e di cui TUTTI PORTANO MERITO O DEMERITO a seconda di come la si pensi, anche se, oggettivamente, in generale, non c’è alcuna ragione di trionfalismo: rispetto al peggio del peggio (già esistente, quasi metà gestori erano già fuori dagli schemi), si è solo limitato in parte il peggior peggio.

E venire oggi a parlare di “distinguo(termine elegante per sottintendere defezione o peggio ancora tradimento) è nient’altro che contar balle, tirar fango per puro marketing di auto-reputazione ed auto-incensamento, e, nonostante si dica il contrario, “vendere un fusto di detersivo” porta a porta.

15.07.2025

FIGISC