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AUDIZIONI COMMISSIONE CAMERA DEPUTATI – DOCUMENTO ANISA

Si pubblica di seguito il documento presentato da ANISA ed illustrato dal Vicepresidente Nazionale Stefano CANTARELLI in occasione dell’audizione alla X Commissione della Camera dei Deputati in data 08.10.2019:

DOCUMENTO AUDIZIONE X^ COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE CAMERA

DEI DEPUTATI  – 08.10.2019 

ANISA CONFCOMMERCIO associa i gestori dei punti vendita carburanti della rete autostradale, operatori finali di una filiera che, partendo dai concessionari della rete – i quali affidano in regime di subconcessione alle compagnie petrolifere o ad altri soggetti la gestione del servizio dei carburanti – distribuiscono infine, tramite un rapporto contrattuale e commerciale con i subconcessionari,  tali prodotti all’utente-consumatore finale.

In questo complesso sistema, i gestori dei punti vendita autostradali hanno in comune con tutti i gestori della rete distributiva stradale ordinaria le medesime problematiche economiche e di natura contrattuale, ma anche alcuni specifici aspetti propri della rete autostradale.

Aspetti che sono in più punti evidenziati nella risoluzione 7_00258, sulla quale ANISA esprime una valutazione altamente positiva.

A titolo informativo – come in dettaglio evidenziato nella documentazione che viene consegnata in questa audizione – il comparto autostradale evidenzia una gravissima situazione di crisi, di cui gli elementi salienti sono:

  • la continua perdita in volume di vendite di carburanti (-65,67 % sul 2001, – 59,63 % sul 2007, -35,87 % sul 2012 e -4,25 % sul 2017);
  • la corrispondente flessione dell’erogato medio della rete dei punti vendita (-66,98 % sul 2001, -61,06 sul 2007. -32,61 sul 2012 e -0,54 % sul 2017) che nell’intero periodo 2001-2018 crolla da 9,8 a 3,2 milioni di litri/pv, rilevandosi che in conseguenza di ciò oltre il 60 % dei punti vendita non riesce a giustificare l’equilibrio economico tra costi e ricavi;
  • la palese anomalia che contraddistingue la rete autostradale con una contrazione dal 2001 di vendite che è pari a quattro volte la contrazione delle vendite complessive di carburanti in tutte le reti e nel circuito extrarete nel medesimo intervallo temporale (-65,67 % vs/ -14,25 %);
  • la flessione in valore delle vendite di altri generi e servizi (+6,34 % sul 2001, ma -16,19 % sul 2007, -6,63 % sul 2012, ma che, rapportate ad una aspettativa di spesa in base alle variabili del tasso cumulato di inflazione e del tasso di variazione del traffico, evidenzia, ad esempio, per il 2018 un gap di 32 punti percentuali in meno);
  • un tanto, per contro, a fronte di un incremento – dopo punte negative nel triennio 2011-2013 in conseguenza della crisi economica – delle percorrenze veicoli-km (+18,92 % sul 2001, +5,21 % sul 2007, +13,81 % sul 2012 e +3,75 % sul 2017), dato che va specificamente raffrontato con la performance negativa delle vendite.

E se i dati sopra evidenziati riguardano la rete autostradale in concessione (circa l’83 % della estesa autostradale), situazioni ancor più severe si osservano per la rete gestita da ANAS ed in particolare sulla arteria di collegamento meridionale (specificamente la A3, Salerno-Reggio Calabria).

Tali dinamiche estremamente negative della rete viaria gerarchicamente più rilevante del Paese evidenziano una progressiva e diffusa disaffezione dell’utente a soddisfare la propria domanda di beni e servizi nella rete autostradale, fenomeno che ha le sue ragioni:

  • nell’incremento dei pedaggi (+100,96 % sul 2001, dato pari a 3,6 volte il tasso di inflazione cumulato, +47,60 % sul 2007, +27,20 % sul 2012 e +3,23 % sul 2017);
  • nell’incidenza di royalty a favore dei concessionari che gravano sui subconcessionari e si riflettono ovviamente nei prezzi di beni e servizi, dai carburanti alla somministrazione, e che si mantengono assai elevate per unità di prodotto e/o di spesa (nel 2018 pari a circa il 9 % della spesa degli utenti stimata per acquisti di carburanti ed altri generi);
  • la persistenza di forti gap concorrenziali sul prezzo dei carburanti rispetto alle politiche commerciali ed ai prezzi della rete stradale ordinaria (non gravata da royalty), che negli ultimi anni raggiungono valori superiori ai 12-13 cent/litro rispetto all’offerta dei marchi petroliferi ed i 20 cent/litro rispetto a quella degli operatori indipendenti.

Un tanto evidenzia che nel comparto autostradale, oltre ai già noti aspetti critici del sistema di distribuzione dei carburanti che riguardano tutta la rete e che ben sono esposti nella risoluzione 7_00258, pesano effetti distorsivi delle politiche commerciali e delle condizioni di esercizio che penalizzano sia le microimprese della distribuzione finale sul piano dei prezzi e della sostenibilità economica, sia i consumatori, cui – a prescindere dai pedaggi – l’offerta commerciale viene posta a  condizioni molto più onerosa rispetto alla rete stradale, con una oggettiva discriminazione rispetto al principio di uniforme accesso a beni e servizi.

Per quanto più sopra esposto, ANISA ritiene necessari ed indifferibili alcuni assi di intervento per recuperare la marginalizzazione del comparto, ed in particolare:

  • revisione della normativa di cui al decreto interministeriale 07.08.2015 in relazione al piano di razionalizzazione della rete distributiva dell’autostrada, con l’obiettivo di procedere ad una riduzione del numero delle aree di servizio al fine di aumentare l’efficienza dei punti vendita;
  • modificazione del regime di concessione per la parte che consente al concessionario di poter applicare royalty sui beni e sui servizi esitati dalle imprese degli affidatari, nella finalità di assicurare, al di fuori della corresponsione del pedaggio, condizioni uniformi di accesso ai medesimi beni e servizi al consumatore.

Per quanto attiene ai rapporti economici e contrattuali tra subconcessionari e gestioni, ANISA ritiene necessari ed indifferibili alcuni assi di intervento normativo, ed in particolare:

  • sostituire, mediante un ampliamento delle tipologie contrattuali, l’«asimmetria» nella potenzialità competitiva sul mercato gravante sull’impresa del gestore, determinata oggi dall’esclusivo controllo della filiera del prezzo in tutte le sue fasi da parte del fornitore, e che si traduce nella espropriazione di ogni autonomia gestionale e commerciale del gestore stesso;
  • sviluppare e privilegiare quelle tipologie contrattuali che appaiano maggiormente proattive della concorrenza nell’interesse del consumatore, cui deve essere assicurata in tutta la rete una uniforme condizione di accesso a beni, servizi e prezzi, e che prevedano lo scorporo dal prezzo di cessione della parte relativa alla remunerazione degli investimenti della proprietà del punto vendita e dell’uso del marchio, da regolamentarsi con apposito contratto tra quelli ammessi dalla disciplina civilistica, e la possibilità per il rivenditore finale di fissare il prezzo di vendita al pubblico;
  • riconoscere e legittimare, nel quadro delle tipologie contrattuali attualmente tipizzate, il principio della «sostenibilità economica» dell’impresa di gestione e della «remunerazione del gestore», quale componente centrale della determinazione del margine da concordarsi negli accordi – previsti nella normativa di settore – tra subconcessionari e microimprese finali di gestione;
  • regolamentare in forme concrete nella definizione degli accordi aziendali l’osservanza del principio normativo delle «eque condizioni per competere» previsto dalla legge 27/2012;
  • ricondurre ad una consistenza maggiormente ragguagliata al valore effettivo del servizio il differenziale di prezzo tra la modalità «servito» e la modalità «self», con la finalità di valorizzare effettivamente il servizio, con un reale incentivo per il gestore che lo promuove, e rendendolo fruibile al consumatore, oggi pesantemente penalizzato da un utilizzo meramente speculativo di questa leva;
  • revisione della normativa di cui al medesimo decreto interministeriale, in ordine ai requisiti essenziali per la partecipazione ai bandi di gara per l’assegnazione dei servizi, con espressa inclusione del principio della «sostenibilità economica» dell’impresa di gestione;
  • liberalizzazione delle attività non-oil c.d. «sotto pensilina» (compresa la somministrazione di alimenti e bevande);
  • assunzione del formale impegno dell’industria petrolifera ad effettuare il presidio delle aree di servizio svantaggiate con l’acquisizione delle attività non-oil (anche in forme di partenariato) da affidare ai gestori, come misura proattiva all’abbattimento dei costi unitari gravanti sui carburanti.