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PRESIDENZA FIGISC APPROVA DOCUMENTO POLITICO-SINDACALE

Si pubblica di seguito il documento politico-sindacale di FIGISC-ANISA, approvato all’unanimità dal Consiglio di Presidenza FIGISC in data 10 settembre u.s.:

MANIFESTO FIGISC ANISA PER UN PERCORSO POLITICO-SINDACALE  

LO STATO DI FATTO

Una rete distributiva inefficiente e polverizzata

La rete distributiva italiana è da sempre fortemente eccedentaria rispetto alle reti dei Paesi comunitari con troppi punti vendita e, di conseguenza, inefficienti, ossia con erogati medi per impianto che sono della metà, ed oltre, più bassi di quelli dei Paesi più avanzati e con imponenti fenomeni di marginalizzazione, con circa il 30% degli impianti che eroga meno di 500 chilolitri l’anno.

La rete distributiva, inoltre – per errate logiche e/o mancate progettualità di sviluppo – non ha mai coltivato [ed ha sradicato nel tempo quelle originarie] le integrazioni con attività diverse o accessorie alla vendita dei carburanti, facendo quindi dipendere la marginalità dei punti vendita da tale unica variabile, un fattore di grande fragilità rispetto all’evoluzione del mercato e della concorrenza.

Oggetto di quarant’anni di tentativi miranti a correggere alcuni dei più macroscopici fattori di disallineamento rispetto alle reti più moderne, le norme di razionalizzazione della rete, emanate la legge Concorrenza 2017, e le cui misure attuative sono in corso, sono da un lato carenti di aspetti progettuali innovativi, dall’altro sempre più ormai tardive rispetto a quella razionalizzazione non governata che stanno attuando tanto il mercato, quanto i prezzi, quanto le aree di illegalità. A sua volta, sulla rete autostradale, il decreto interministeriale del 2015, che aveva come oggetto la razionalizzazione della rete di questo segmento, non ha prodotto variazioni di sorta del numero delle aree di servizio, nonostante un crollo delle vendite nell’ordine del 60-70 %.

Se per decenni la rete è stata sostanzialmente dominata dal ruolo delle grandi compagnie petrolifere, proprietarie della maggioranza degli impianti, che ne hanno deciso lo sviluppo [ed i limiti] e degli operatori retisti proprietari di impianti e legati alla filiera delle compagnie con convenzionamento per la fornitura dei prodotti, quanto è esploso negli ultimi dieci anni è lo sviluppo di reti di operatori indipendenti – le così dette «pompe bianche» – svincolati da rapporti con le compagnie, che agiscono liberamente sul mercato dell’approvvigionamento, e che pesano quasi per oltre il 20 % della rete e per oltre il 25 % del mercato delle vendite della rete distributiva pubblica.

L’industria petrolifera sta progressivamente abbandonando il mercato attuando la vendita di parti cospicue della rete a blocco (Shell a Kupit, TotalErg al Gruppo Api) e mediante concentrazione, passando da logiche di tipo industriale ad assetti di prevalente interesse finanziario (fondi, banche)  o a «pacchetti» (Esso) a mera mission commerciale, con un ampio processo di «terziarizzazione» che aumenta incertezza e precarietà nella rete e nel settore.

La polverizzazione della rete è ben rappresentata dai nuovi assetti in cui circa il 60 % è in mano ai privati ed il 40 % fa riferimento alle major petrolifere e dalla dispersione dei loghi in circa 130 «bandiere» (pompe bianche e privati operativi con propri marchi e/o in convenzionamento).

Ad un tanto si accompagna l’assenza di investimenti, rappresentata da un altissimo indice di vetustà dei punti vendita (il 40 % risale ancora agli anni ’80).

Le diverse illegalità e storture del sistema

Improduttività ed inefficienza  della rete (in concausa con altri aspetti problematici come l’elevata fiscalità sui prodotti che evidenzia una stabile eccedenza sulla media comunitaria delle imposte di 23 cent/litro) hanno offerto un varco alla diffusione di una dilagante illegalità, sia in termini quantitativi di prodotti introdotti in evasione di iva ed accise (secondo le stime più accreditate nell’ordine del 10-15 % del totale), sia in termini di adulterazione dei prodotti stessi, con grave pregiudizio per la stabilità delle entrate erariali e con una imponente turbativa del mercato per i fenomeni del dumping dei prezzi.

L’illegalità nel settore, che colpisce complessivamente la rete distributiva, penalizza al suo interno maggiormente i gestori, i quali – pesantemente vincolati sulle condizioni di acquisto e vendita dei prodotti ed assolutamente esclusi dai canali di accesso al mercato dei prodotti – vedono da questo fenomeno accentuato drammaticamente il gap competitivo dei prezzi di cui già soffrono all’interno del mercato di rete rispetto alla concorrenza che ha libertà di agire sia sul mercato legale e maggiormente anche su quello illegale.

Nonostante le notevoli misure di contrasto già adottate in via normativa e l’ingente attività svolta dagli Organi preposti, il fenomeno rimane ancora rilevante, soprattutto per carenze riferibili al controllo dei depositi fiscali.

Si aggiunga che sulla categoria che meno appare suscettibile – per ragioni di regime contrattuale e di totale non accessibilità al mercato – di essere collusa all’illegalità, ed invece da questa direttamente danneggiata, gravano oggi, a seguito della recente introduzione dell’obbligo di tracciabilità dei pagamenti e della fattura elettronica, sia la lievitazione dei costi della monetica, che da soli già intaccano da anni significativamente il margine lordo, che i costi diretti connessi al nuovo obbligo, che non si può certo definire una misura di contrasto alla macroillegalità del settore, quanto una più modesta misura deterrente alla diffusa microelusione di imponibile fiscale sui costi del carburanti.

Al fenomeno dell’«illegalità» vera e propria, si accompagna una sempre più diffusa «assenza di regole», che va dalle forme più estreme di violazione della normativa sulla tutela del lavoro e di «caporalato petrolifero», alla precarizzazione delle figure e dei rapporti contrattuali ed alla vera e propria elusione delle disposizioni normative che regolano, nel quadro attuale, le relazioni tra gestori e proprietari degli impianti, fenomeni che riguardano aliquote crescenti ed ormai quasi maggioritarie della rete distributiva.

All’illegalità ed all’assenza di regole si aggiungono – a fronte della difficoltà del sistema a reggere da un lato l’evoluzione naturale del mercato, dall’altro le pressioni del fronte dell’illegalità – quelle che si possono definire «storture» connaturate al sistema stesso, quali l’abuso della dipendenza economica dato dalla rigida filiera di controllo del prezzo, che si traducono in una penalizzazione del ruolo e sostenibilità economica delle microimprese della distribuzione finale, nella perdita di competitività e nello sviamento di clientela ed erogati, fino all’abuso di mere rendite di posizione che si registra precipuamente nella rete autostradale (che ha perduto ogni attrazione per il consumatore) sulla pressione di imposizioni di royalty (per un valore di oltre 5 miliardi di euro in un quindicennio) che incidono pesantemente sul prezzo di prodotti e servizi.

Il rigido controllo della filiera del prezzo nel segmento di rete ancora in disponibilità delle aziende petrolifere di fatto, ad esempio, non solo bipolarizza il mercato tra punti vendita diversamente competitivi con grave pregiudizio per gli operatori che sono esclusi in ogni fase di controllo, ma altresì ha rilevanza perché non garantisce l’uniformità delle minime condizioni nell’accesso ai beni e servizi che dovrebbero, per dettato costituzionale, essere assicurate al consumatore.

L’anomalia del sistema dei prezzi

Le politiche di prezzo, anche dei soggetti tradizionali e più strutturati della distribuzione, sono state orientate da ormai vent’anni orsono sulla logica di un diverso prezzo per ogni diversa modalità di servizio. Se una tale impostazione poteva avere un senso rispetto ad una possibilità di maggiore scelta per il consumatore, oggi essa ha assunto la natura di una vera penalizzazione del consumatore orientato al servizio, con un differenziale che non è giustificato assolutamente dal costo intrinseco del servizio stesso e che raggiunge, anche se non strettamente nella media, ma comunque molto spesso, il 20 % del prezzo finale per prodotti su cui pesa una componente fiscale del 60-65 %, un valore quasi integralmente incamerato dalle aziende petrolifere per mere finalità di cassa.

Un’operazione – condotta con grande sfoggio mediatico sulle opportunità offerte al consumatore  dalla selfizzazione – che, tradotta in aride cifre, ha consentito alle aziende di incamerare a scapito dei consumatori e dei gestori, secondo prudenti stime, tra 1 e 2 miliardi di euro/anno.

Di fatto a vent’anni di distanza, il consumatore, rifornendosi da sé, corrisponde in valore oggi il medesimo prezzo che allora corrispondeva a fronte di un servizio effettuato dal gestore, e, in caso di mantenimento dello stesso servizio, corrisponde un prezzo ingiustificatamente assai più elevato.

Specularmente al consumatore, tale penalizzazione si riflette direttamente sull’impresa di gestione il cui margine medio è la risultante degli specifici margini differenziati riconosciuti in base ai volumi erogati nell’una o nell’altra modalità ed il cui risultato è, pertanto, pesantemente condizionato dall’esasperazione dello spread del prezzo imposto tra l’una e l’altra forma di vendita che vanifica la maggiorazione di margine riconosciuta al «servito» (e che rappresenta una parte minimale del differenziale del prezzo tra le due modalità, un elemento che al consumatore non è affatto noto).

Lo stato di crisi della Categoria

Lo stato di crisi della categoria è rappresentabile in poche grandezze economiche fondamentali che, in sé, dicono tutto: in vent’anni, il valore reale del margine è sceso del 43 % e quello dei costi è aumentato del 40 % (valori comprensivi del tasso cumulato di inflazione), mentre le vendite complessive della rete sono diminuite del 28 % (di quasi il 70 % in rete autostradale). 

LA PIATTAFORMA RIVENDICATIVA

La proposta politico-sindacale per aprire una nuova stagione di iniziative che riportino al centro il ruolo del gestore e sulla quale chiedere ed ottenere un sostegno compatto della categoria che, sola, può conferire la forza necessaria alle sue rappresentanze associative si basa su una serie di assi di intervento articolati su fasi a breve termine ed a medio termine che riguardano il mercato, la contrattualistica, i prezzi e la rete:

in prospettiva a medio termine per la liberalizzazione del mercato

  • sostituire, mediante un ampliamento delle tipologie contrattuali, l’«asimmetria» nella potenzialità competitiva sul mercato gravante sull’impresa del gestore, determinata oggi dall’esclusivo controllo della filiera del prezzo in tutte le sue fasi da parte del fornitore, e che si traduce nella espropriazione di ogni autonomia gestionale e commerciale del gestore stesso; per sviluppare e privilegiare quelle tipologie contrattuali che appaiano maggiormente proattive della concorrenza nell’interesse del consumatore, cui deve essere assicurata in tutta la rete una uniforme condizione di accesso a beni, servizi e prezzi, e che prevedano lo scorporo dal prezzo di cessione della parte relativa alla remunerazione degli investimenti della proprietà del punto vendita e dell’uso del marchio, da regolamentarsi con apposito contratto tra quelli ammessi dalla disciplina civilistica, e la possibilità per il rivenditore finale di fissare il prezzo di vendita al pubblico;

immediatamente in relazione al quadro contrattuale vigente nell’intera rete

  • riconoscere e legittimare, nel quadro delle tipologie contrattuali attualmente tipizzate, il principio della «sostenibilità economica» dell’impresa di gestione e della «remunerazione del gestore», quale componente centrale della determinazione del margine da concordarsi negli accordi; 
  • applicare integralmente tutte le disposizioni normative che regolamentano i rapporti nel settore in materia di relazioni e tipologie contrattuali tra gestori ed aziende proprietarie degli impianti, escludendo l’efficacia di tutte le pattuizioni, collettive od individuali, difformi da quelle tipizzate secondo legge ed istituendo opportune forme di tutela «istituzionale» per le situazioni in cui non sia possibile pervenire alla definizione di accordi aziendali;
  • sancire, nella definizione degli accordi aziendali, l’efficacia del principio di «intangibilità del margine», con riferimento a tutte le problematiche oggetto dell’accordo (flussi finanziari, partite di credito/debito, riconoscimento cali prodotto, determinazione delle politiche di pricing nelle diverse modalità di servizio) che possano modificare negativamente il valore del margine concordato; 
  • regolamentare in forme concrete nella definizione degli accordi aziendali l’osservanza del principio normativo delle «eque condizioni per competere» previsto dalla legge 27/2012; 

immediatamente in relazione al regime dei prezzi nell’intera rete

  • ricondurre ad una consistenza maggiormente ragguagliata al valore effettivo del servizio il differenziale di prezzo tra la modalità «servito» e la modalità «self», con la finalità di valorizzare effettivamente il servizio, con un reale incentivo per il gestore che lo promuove, e rendendolo fruibile al consumatore, oggi pesantemente penalizzato da un utilizzo meramente speculativo di questa leva; 

immediatamente in relazione alla rete autostradale

  • revisione della normativa di cui al decreto interministeriale 07.08.2015 in relazione al piano di razionalizzazione della rete distributiva, con l’obiettivo di procedere ad una riduzione del numero delle aree di servizio al fine di aumentare l’efficienza dei punti vendita; 
  • revisione della normativa di cui al medesimo decreto interministeriale, in ordine ai requisiti essenziali per la partecipazione ai bandi di gara per l’assegnazione dei servizi, con espressa inclusione del principio della «sostenibilità economica» dell’impresa di gestione e della «remunerazione del gestore»;
  • liberalizzazione delle attività non-oil c.d. «sotto pensilina» (compresa la somministrazione di alimenti e bevande); assunzione del formale impegno dell’industria petrolifera ad effettuare il presidio delle aree di servizio svantaggiate con l’acquisizione delle attività non-oil (anche in forme di partenariato) da affidare ai gestori, come misura proattiva all’abbattimento dei costi unitari gravanti sui carburanti; 
  • modificazione del regime di concessione per la parte che consente al concessionario di poter applicare royalty sui beni e sui servizi esitati dalle imprese degli affidatari, nell’ottica di un rilancio dell’attrattività e competitività della rete, e nella finalità di assicurare, al di fuori della corresponsione del pedaggio, condizioni uniformi di accesso ai medesimi beni e servizi al consumatore. 

PROPOSTE DI MODIFICAZIONE/INTEGRAZIONE NORMATIVA 

Proposta di emendamento norma suppletiva degli accordi aziendali ex art. 19 legge n. 57/2001 

Emendamento:

Dopo il comma 3 dell’art. 19 della legge 5 marzo 2001, n. 57, sono inseriti il seguenti commi:

<<3-bis. In assenza della definizione degli accordi aziendali di cui al comma 3, nell’ambito dei rapporti economici fra le parti ed in relazione ai criteri di formazione dei prezzi di vendita, la determinazione dello sconto spettante ai soggetti di cui all’art. 1, comma 6, del D. Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, sul prezzo di vendita quale corrispettivo, a qualunque titolo contrattuale previsto, per l’attività prestata, è assicurata mediante riferimento ad un valore non inferiore a quello della media ponderata  in base alle quote della rete degli sconti medi unitari riscontrabili negli accordi già depositati presso il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi della medesima norma. Il Ministero dello sviluppo economico, annualmente, determina il valore di riferimento e ne dà pubblicità sul proprio sito istituzionale.>>

Proposta di emendamento art. 17 legge n. 27/2012 

Emendamento:

Al comma 2, punto 12, dell’art. 17, della legge 24 marzo 2012, n. 27, sono aggiunte le seguenti parole (evidenziate in grassetto): 

<<2. Al fine di incrementare la concorrenzialità e l’efficienza del mercato anche attraverso una diversificazione nelle relazioni contrattuali tra i titolari di autorizzazioni o concessioni e i gestori degli impianti di distribuzione carburanti, i commi da 12 a 14 dell’articolo 28 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono sostituiti dai seguenti:

«12. Fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, e successive modificazioni, e dalla legge 5 marzo 2001, n. 57, in aggiunta agli attuali contratti di comodato e fornitura ovvero somministrazione possono essere adottate, alla scadenza dei contratti esistenti, o in qualunque momento con assenso delle parti, differenti tipologie contrattuali per l’affidamento e

l’approvvigionamento degli impianti di distribuzione carburanti, nel rispetto delle normative nazionale e europea, e previa definizione negoziale di ciascuna tipologia mediante accordi sottoscritti tra organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione o concessione e dei gestori maggiormente rappresentative, depositati inizialmente presso il Ministero dello sviluppo economico entro il termine del 31 agosto 2012 e in caso di variazioni successive entro trenta giorni dalla loro sottoscrizione. I titolari di autorizzazione o concessione non associati ad organizzazioni di rappresentanza sono tenuti all’applicazione delle sole tipologie contrattuali già tipizzate negli accordi di cui sopra. Nel caso in cui entro il termine sopra richiamato non siano stati stipulati gli accordi di cui al precedente periodo, ciascuna delle parti può chiedere al Ministero dello sviluppo economico, che provvede nei successivi novanta giorni, la definizione delle suddette tipologie contrattuali. Con la finalità di garantire al consumatore uniformi condizioni minime di accesso al prezzo dei prodotti nell’ambito dell’intera rete distributiva stradale ed autostradale, le forme contrattuali di cui sopra devono essere proattive della concorrenza tra operatori della fase finale della filiera distributiva. Tra le forme contrattuali di cui sopra potranno essere incluse quelle relative a condizioni di fornitura analoghe a quelle riservate agli operatori indipendenti del mercato, ma con il mantenimento del regime di esclusiva, abbinate a strumenti contrattuali previsti dalla disciplina civilistica per il riconoscimento di un canone per la remunerazione degli investimenti e dell’uso del marchio della proprietà, ed a libera determinazione del prezzo da parte del rivenditore finale. Tra le forme contrattuali di cui sopra potrà essere inclusa anche quella relativa a condizioni di vendita non in esclusiva relative ai gestori degli impianti per la distribuzione carburanti titolari della sola licenza di esercizio, purché comprendano adeguate condizioni economiche per la remunerazione degli investimenti e dell’uso del marchio. >> 

Emendamento:

Al comma 2, punto 14, dell’art. 17, della legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni correttive ed aggiuntive (evidenziate in grassetto): 

<<14. Tutti i nuovi contratti di cui al comma 12 devono assicurare al gestore condizioni contrattuali eque e non discriminatorie per competere nel mercato di riferimento, che devono trovare esplicita  definizione nell’ambito degli accordi aziendali di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, ed atte a conseguire le finalità della sostenibilità economica e profittabilità dell’impresa del gestore e l’integrità dello sconto concordato quale corrispettivo, a qualunque titolo contrattuale previsto, per l’attività prestata.>>